(Adnkronos) – “I pazienti che abbiamo in questo momento ricoverati in terapia intensiva all’ospedale di Padova con forme gravi neuroinvasive di West Nile hanno un’età media di 74 anni e comorbidità”, patologie di base. “Sono soprattutto maschi. Poi ci sono anche persone di età inferiore a 60 anni che hanno un interessamento del sistema nervoso minore e non hanno necessità di accesso” in rianimazione. “Il caso più giovane in terapia intensiva aveva 51 anni”. A tracciare all’Adnkronos Salute l’identikit dei pazienti colpiti più duramente dal virus è Marina Munari, responsabile della Neuroanestesia e Neurorianimazione dell’Azienda ospedale università di Padova, che in questi giorni ha una particolare concentrazione di casi.
I sintomi delle forme neuro-invasive? “Quello che accomuna un po’ tutti questi casi è una febbre iniziale, anche abbastanza violenta in alcuni casi”, illustra l’esperta. “Poi, a seconda che ci sia un’encefalite o una meningoencefalite c’è un’alterazione della coscienza che a volte può arrivare fino al coma o altri disturbi neurologici e focali e i pazienti che abbiamo visto adesso sono caratterizzati pressoché nella totalità da una paralisi flaccida che interessa tutti e quattro gli arti”. E’ una condizione “importante e molto gravosa dal punto di vista clinico, fa sì che vi sia dipendenza dalla ventilazione meccanica, perché il paziente non è in grado di respirare da solo”.
Queste persone, continua Munari, “rimangono a lungo in terapia intensiva. Al momento i ricoverati in questo reparto sono 10, su 15 che si trovano in ospedale per West Nile. Le loro sono degenze lunghe anche se l’esito è favorevole, anche oltre la terapia intensiva, perché sono pazienti che avendo una paralisi flaccida hanno bisogno di riabilitazioni molto, molto lunghe. Il primo paziente con sintomi neuroinvasivi da West Nile lo abbiamo ricoverato a metà luglio ed è passato poco tempo per dire quale sia l’impatto di eventuali sequele. Credo sia molto difficile che queste forme lascino senza” strascichi, “perlomeno a breve termine. Il recupero richiede mesi in questi casi e bisognerebbe fare un follow up a 6, 9, 12 mesi per capire qual è l’esito. In letteratura gli esiti zero sono percentualmente minori rispetto a moderati e gravi. L’impatto non è banale”.