(dall’inviata Elvira Terranova) – Francesca Raciti si aggira a passo lento tra le macerie. “Vede? Qui dove siamo adesso c’era un gazebo in legno enorme. Ora non c’è più nulla. Solo qualche pezzo di legno annerito dal fumo. E lì c’era il bar. Niente, non è rimasto nulla”. La titolare del Lido Le Capannine di Catania, lo stabilimento balneare andato totalmente distrutto sabato sera nell’incendio che ha devastato molte zone nella città, non piange. “Ho finito le lacrime – dice in una intervista all’Adnkronos – Mi sento senza forze, ma non posso mollare”. Anche perché questa mattina si sono presentati sul posto decine di persone, tutti volontari, che hanno chiesto di poter dare una mano. “Sono clienti del lido, ex lavoratori, bagnanti – spiega emozionata – ho la pelle d’oca solo a vederli. E’ bello che in un momento così difficile per me siano venuti”. Qualcuni ha lasciato i figli a pochi metri di distanza a fare il bagno. “E loro sono venuti a togliere detriti e macerie – dice Raciti – Fa male vedere andare in fumo un’attività come il Lido Le Capannine, punto di riferimento per tanti catanesi da tanti anni”.
I danni, secondo la titolare, ammontano ” a oltre un milione di euro, ma non sono in grado di dare una cifra più precisa”, dice. Senza copertura assicurativa. “No…”, dice lei quasi sottovoce. “Purtroppo non c’è nulla da recuperare – dice – non è rimasto nulla. Stiamo cercando di ripulire per cercare di ripartire, non so come, ma ci stiamo provando. Grazie anche ai volontari che ci stanno dando un aiuto ma anche la forza di andare avanti”. Ma cosa è successo sabato? “Già dall’ora di pranzo molti genitori dei dipendenti dello stabilimento chiamavano i figli per dire di fare attenzione – dice – perché Catania era in fiamme”. Hanno così iniziato a chiamare i Vigili del fuoco. “Ma erano impegnati in altri posti, ci hanno detto di stare tranquilli, poi la seconda volta ci hanno detto di evacuare lo stabilimento – dice – ma non li abbiamo mai visti. Erano impegnati in altre zone. Sono arrivati quelli della Protezione civile, le forze dell’ordine, una botte dell’acqua ma non avevano il bocchettone per fare uscire l’acqua ed è dovuta andare via”.
Sono centinaia di clienti che venivano da anni al Lido Le Capannine, aperto nel 1996. “Da generazioni – dice- ora non sappiamo che fare. Ringrazio la mia famiglia per la forza che sta dimostrando, mio padre è uno che non si abbatte mai. Ma quello che è successo è terribile”. Francesca Raciti, una donna minuta ma con una grande forza, mostra alla cronista quello che è rimasto del lido Le Capannine. Ricaccia con fatica le lacrime. “Quando le fiamme si stavano avvicinando – dice – le persone si sono andate a riparare nella struttura chiusa più avanti, perché pensavano che fosse una cosa passeggera. Invece in poche ore è andato tutto distrutto”. “Lì c’erano 36 bungalow e ne sono rimasti appena quattro…”, dice ancora Raciti.
“I ragazzi che lavoravano qui si sono arrampicati sui tetti per spegnere il fuoco, rischiando la vita – dice ancora – Sono stati attimi terribili”. “Arrivavano lapilli da ovunque – dice – Spegnevano un focolaio e se ne accendeva un altro. Poi il vento era tremendo, e c’erano oltre 44 gradi. Tutta la zona surf andata distrutta. Poi guarda i volontari e dice: “Ho la pelle d’oca. Li ringrazio di cuore”.