E’ vero che, avendo ottenuto la fiducia al Senato il Ddl Aiuti, di fatto la maggioranza ha dimostrato comunque di avere i numeri, e dunque aprire una crisi e dare le dimissioni, da parte del premier Draghi ‘potrebbe’ sembrare una mossa azzardata. Ma è altrettanto vero che l’ex presidente della Bce è stato chiamato per aiutare il Paese ad uscire nella palude nella quale si era cacciato… complice – oltre che la pandemia – anche i due governi a guida Conte-M5s!
Draghi ‘è stato chiamato per risolvere i diversi problemi’ scomodi al Paese, e tutti lo hanno accettato
Dunque, preciso e pragmatico come è, Draghi è stato chiaro sin dall’inizio: o restiamo tutti uniti ed andiamo avanti sistemando le cose (vedi i fondi da allocare per il Pnrr su tutto), per poi arrivare più forti e in ripresa alle prossime elezioni, o lasciamo perdere. Un appello al quale, Meloni a parte, hanno subito risposto tutti in coro: ok! Dunque il Paese ha ripreso la giusta credibilità all’estero, con la Brexit prima, l’addio della Merkel dopo, ed il ‘forte ridimensionamento’ di Macron dopo, con l’avvento della guerra in Ucraina, l’Italia è finalmente tornata a sedersi al ‘tavolo che conta’. Ed ora, proprio mentre il premier sta conducendo una ‘battaglia personale’ per sdoganarci dal gioco energetico russo, proprio ‘a casa’ scoppia il caos.
Vecchio vizio italico, le ambizioni personali hanno finito per prevalere rispetto alle priorità del Paese
Nel frattempo però, vecchio vizio italico, le ambizioni personali hanno finito per prevalere rispetto alle priorità del Paese e, a turno, sono iniziati i ‘mal di pancia’. Prima Salvini che si sentiva ‘trascurato’, e poi Conte, che è andato via via ‘crescendo’ nelle sue pretese, maturate in una situazione di maggioranza per forza di cose ‘paritaria’. Quindi lo strappo con Di Maio, e buona metà dei deputati grillini fuggiti via. Così, in cerca di riscatto, Conte ha pensato bene di iniziare a ‘rimuginare’ rispetto ad ogni scelta del governo, fino a dare quel ‘bruttissimo segnale’ della settimana scorsa, quando i deputati del M5s hanno deciso di astenersi nel voto per la fiducia al Ddl Aiuti.
Conte: “Noi abbiamo chiesto rispetto per i nostri principi, altrimenti nell’esecutivo non possiamo starci”
Il resto è storia di questi giorni, con Draghi che ha deciso di presentare le dimissioni a Mattarella, che le ha subito respinte, come dire: ‘ma scherzi, e poi che famo?’ Inevitabilmente, ma così è, non soltanto gli altri leader, ma addirittura più di mezza Italia si è rivoltata contro il comportamento ‘irrresponsabile’ di Conte che, poco fa, dal suo profilo Fb è apparso in video per cercare di ‘metterci una pezza’.
“Sul dl Aiuti, il nostro non era un ‘no’ alla fiducia, ma una reazione alle umiliazioni subite“, esordisce subito il leader M5s, spiegando che lui a Draghi aveva chiesto “risposte concrete alle richieste non pretestuose” avanzate dal suo partito. Del resto, sbotta ‘Giuseppi’, il Movimento in questi ultimi mesi, “ha mandato giù di tutto“. Dunque, “Senza risposte chiare e senza la garanzia sulle condizioni di rispetto, il M5S non potrà condividere una responsabilità diretta di governo“. In sostanza, quello che Conte chiede, è “rispetto per i nostri principi, altrimenti nell’esecutivo non possiamo starci“.
Conte: “Quella in Senato non voleva essere una votazione contraria, e neppure un’astensione. E ‘stata ‘anche’ una reazione”
Dunque, dopo aver affermato che la decisione assunta è stata ‘anche’ una “reazione atteggiamenti di chiusura che hanno rasentato l’umiliazione politica“, spiega il leader penta stellato, “Quando al Senato abbiamo partecipato al voto, abbiamo cercato di circoscrivere al minimo il significato politico. Non era una votazione contraria e quindi neppure un’astensione. Ritenevamo giusto, alla luce della forzatura che è stata operata nei nostri confronti e principi, che non fosse attribuita a questa non partecipazione al voto il significato di un voto contrario alla fiducia. Quella nostra mancata partecipazione è stata intesa come elemento di rottura del patto di fiducia. Ne prendiamo atto“.
Conte: “Non pensavamo che il premier interpretasse il nostro come un voto contro la fiducia, ma lui l’ha intesa come una rottura del patto”
Anzi, noi eravamo convinti, osserva Conte, “Che Draghi optasse per un percorso diverso che non interpretasse il nostro come un voto contro la fiducia, ma lui l’ha intesa come una rottura del patto di fiducia che è alla base della maggioranza: ne prendiamo atto. Come facciamo noi, Draghi si assume la responsabilità della sua decisione“.
Conte: “Non tiriamo Draghi per la giacchetta, ma il M5S c’è se otterrà risposte alle sue richieste”
Ad oggi modo, aggiunge il numero uno del M5s anche in riferimento a quanto affermato da Draghi (“Io non accetto ultimatum”): “Non tiriamo Draghi per la giacchetta, ma il M5S c’è se otterrà risposte alle sue richieste. Spetterà a Draghi valutare se ci sono le condizioni per garantire al Movimento 5 stelle di poter svolgere la sua azione politica in un contesto di una maggioranza poco coesa, consentendo al M5S di poter godere di rispetto e della medesima correttezza accordata da M5s alle altre forze politiche“. Diversamente, avverte, “Senza risposte chiare e senza la garanzia sulle condizioni di rispetto, il M5s non potrà condividere una responsabilità diretta di governo e ci sentiremo liberi e sereni e ancor più responsabili di votare quel che serve al Paese di volta in volta, senza alcuna contropartita politica“.
Conte: “L’incontro con le parti sociali ha dimostrato che gli avevamo ragione, che gli interventi fatti fin qui erano insufficienti”
Noi, prosegue Conte rispetto alle intenzioni che hanno guidato il M5s all’interno della maggioranza, “Siamo entrati in questo governo con delle richieste chiare: garantire la transizione ecologica, garantire le fasce più deboli. Chiediamo rispetto per i nostri principi o noi non possiamo starci. Con spirito costruttivo – prosegue ancora – abbiamo invitato Draghi a confrontarsi sulle priorità che esprimono il nostro disagio politico e i modi per superare emergenza economico sociale. La risposta non è ancora pervenuta, c’è stata qualche generica apertura su alcune delle urgenze segnalate ma nessuna indicazione concreta“. Del resto, tiene a sottolineare l’ex premier, “l’incontro con le parti sociali ha dimostrato che gli avevamo ragione, che gli interventi fatti fin qui erano insufficienti“.
Conte: “In questi giorni molte forze politiche si sono affrettate a dire che ci vogliono fuori dalla maggioranza, siamo scomodi”
Infine la ‘chiosa’ ad ‘effetto’ dove, senza risparmiarsi uno stucchevole vittimismo (dopo che per anni hanno malamente offeso chiunque), parlando del Movimento Conte conclude che “In questi giorni molte forze politiche si sono affrettate a dire che ci vogliono fuori dal perimetro della maggioranza, soprattutto le forze più giovani, che sembrano aver rinnegato i loro principi e valori. Ci vogliono fuori perché siamo scomodi“.
Max