Per le donne, stipendi più bassi in tutta Viterbo. Se l’onda lunga del covid e delle restrizioni, continua a incidere con prepotenza sul fronte occupazione e della retribuzione in tutta la Regione Lazio, continuano però ad essere le donne le più penalizzate. Lo dimostrano i dati di Viterbo. Se prima della pandemia lavorava una donna su due, dopo, solo il 48%.
E perlopiù, nei settori in cui la retribuzione è minima e lo sforzo fisico è crescente. Un focus, questo, che emerge da uno studio del sindacato Usb sul lavoro femminile nella Tuscia, laddove le donne occupate ad esempio nel commercio sono oltre il 60% e la loro retribuzione, rispetto a quella degli uomini, è più bassa del 10%.
A ciò si aggiungono contratti part time, la difficoltà di fare carriera interna, turni spezzati o spalmati che spesso costringono le lavoratrici a sostenere ritmi e stili di vita complessi. Tra i meandri dell’indagine emergono casi, in ambiti come il settore dei servizi socio-assistenziali, in cui a fronte di chiare ore contrattualizzate, spesso le donne sono costrette a orari ben più lunghi. Ore in più che spesso rischiano di non essere pagate o con voci fuori norma, senza contributi.
E ancora, inserimenti in quota socio di cooperative, rinunce a Tfr e maternità, fino ai casi estremi, quelli dei contratti irregolari o in nero. Condizioni peggiori, poi, per le straniere, che spesso operano senza riposi, ferie o malattia. La maternità, poi, spesso è motivo di licenziamento.
Da qui, l’input dei sindacati verso percorsi di tutela delle lavoratrici così che possano difendersi sul posto di lavoro da ogni forma sfruttamento e abuso.