(Adnkronos) – “Molte malattie reumatiche, che ovviamente vanno trattate con i farmaci più innovativi e appropriati, possono beneficiare in termini di miglioramento dell’outcome”, con la “supplementazione di vitamina D” che “è in grado di influenzare il decorso della malattia”. Studi recenti, inoltre, rivelano che “la supplementazione di colecalciferolo, migliora sia gli outcome materni che quelli del neonato”. Così Andrea Giusti, responsabile struttura semplice dipartimentale (Ssd) Malattie Metaboliche ossee e prevenzione delle fratture nell’anziano Asl3 Genovese, intervenendo al 59.esimo Congresso della Società italiana di reumatologia (Sir) in corso a Rimini.
“La carenza di vitamina D – ricorda lo specialista – è estremamente frequente nei malati reumatologici e pertanto, al di là dell’effetto che c’è sulla patologia di per sé, c’è sempre l’indicazione di supplementare con colecalciferolo in pazienti carenti e in cui la carenza può avere conseguenze scheletriche e reumatologiche”. I pareri sono unanimi nella sessione dedicata alle ‘Malattie metaboliche dello scheletro’ del congresso Sir: la vitamina D è in grado di ridurre l’incidenza di alcune malattie reumatiche come l’artrite reumatoide, ma ci sono importanti novità nell’area ostetrico ginecologica.
“In particolare – prosegue – le madri che assumono supplementi di vitamina D, in particolare nel terzo trimestre, hanno un minor rischio di complicanze durante la gravidanza, mentre la supplementazione nel primo e nel terzo trimestre è in grado di influenzare la salute del neonato. Da studi inglesi, viene mostrato come avere buoni valori di vitamina D nel terzo trimestre influenza la densità minerale ossea a sei-nove anni nei bambini – aggiunge l’esperto – un impatto benefico che il bambino si porta avanti per tutto il periodo della vita. Questa è un’area molto complessa che interviene anche in un momento storico molto importante con la grande attenzione che si ha in alcuni paesi emergenti, in cui si sta studiando proprio questo aspetto. Noi crediamo che la vitamina D possa cambiare la salute pubblica – conclude Giusti – perchè interventi precoci riducono i rischi sul lungo termine”.