“Devo ammettere che non è stato per niente facile, cinque anni dopo, tornare a raccontare una storia con dentro, ancora una volta, i cantanti neomelodici e la mafia. La mia sensazione, però, è di essermi spinto oltre rispetto al film precedente. In un territorio in cui la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerata e tutto, ormai, è precipitato in uno spettacolo senza fine e senza alcun senso”.
Premettendo la sua assenza in quel del Lido, il regista Franco Maresco ha relegato la sua presentazione di questo ultimo ‘La mafia non è più quella di una volta’ (in uscita il 12 settembre), ad una nota di regia dove, non trascura anche momenti di ironia come quando spiega che è “l’inevitabile seguito di ‘Belluscone. Una storia siciliana”.
La pellicola riprende infatti sempre dall’omertoso impresario palermitano Ciccio Mira il quale, siamo nel 2017, in occasione del venticinquennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ‘pensa bene’ di organizzare un evento intitolato ai due giudici uccisi, come “i neomelodici per Falcone e Borsellino”. Un scelta infausta che finirà per accendere i boss di turno e portare lo stesso Ciccio a contraddirsi quando, fuori campo (è una sorta di docu-film), il regista domandandogli cosa pensa del silenzion del Presidente mattarella in occasione della trattativa Stato-mafia, l’impresario risponde ‘mirando alto’: “i palermitani ce l’hanno nel Dna il silenzio”. Argomenti duri e difficili, che se da un lato sottolineano ancora una volta la complicata condizione dei siciliani, ‘costretti’ a dover fare i conti con l’omertà, dall’altra evidenzia anche una grande voglia di riscatto, purtroppo al momento destinata a rimanere sopita davanti agli evidenti segnali di forze avverse.
Ed infatti Mira, nel suo goffo modo di prendere le distanze, preferisce affermare ‘diplomaticamente’ che “era meglio la mafia di una volta”. Così come, intervistati, molti siciliani dichiarano candidamente che, sia Falcone che Borsellino, hanno dato tanto a Palermo: “dall’illuminazione, ai giardini, agli asili nido”.
Quindi Maresco stavolta crea un contraltare, inserendo all’interno del docu-film la stimata fotografa 80enne Letizia battaglia (che il New York Times ha inserito fra le 11 “donne che hanno segnato il nostro tempo”), che presente a Venezia tiene subito a precisare: “Mattarella non c’entra per niente, è una persona perbene, è un buon presidente. Io non so perché non prese parola, forse non voleva entrare in polemica. Oggi c’è una mafia elegante e profumata, che va nei college in Svizzera. I boss un tempo non si godevano la vita. Ora sono ovunque – spiega la fotografa – Hanno fatto una trattativa con lo Stato che ha funzionato e non ci hanno ammazzato più. Oggi si dedicano agli hotel fatti con i soldi del riciclaggio, complice una società di merda che si droga – taglia corto la Battaglia – E certamente il colpevole non è solo quel povero cretino di Ciccio Mira…”. Infine, a spiegare l’assenza del regista a Venezia, la Battaglia rivela che “Lui è uno che snobba tutti quanti. Lo amo moltissimo e quindi ho detto: questo film lo faccio anche se non mi sento adeguata. Ho sposato il suo progetto ma ho le mie idee. E non sono d’accordo su certe cose del film. Forse è un po’ troppo lungo ma mi piace la voce di Maresco e mi piace sia feroce”
Max