In occasione della Giornata Mondiale del Sonno che si celebra il 15 marzo di ogni anno, la Società Italiana di Diabetologia ricorda l’importanza della relazione tra un sonno di giusta durata e qualità e il rischio di sviluppare diabete di tipo2. Lo ricorda un recentissimo studio apparso su Nutrition & Diabetes, che ha esaminato i dati di 41mila persone del database NANHES, selezionando le informazioni su tempo, frequenza e qualità del cibo consumato in orari notturni.
Obiettivo dello studio: determinare se mangiare di notte si associa a diabete e mortalità. “Il momento in cui vengono consumati i pasti è più importante di quanto si pensi” spiega il Professor Angelo Avogaro, Presidente SID, che prosegue: “consumare pasti notturni ad alto carico energetico espone a rischi maggiori. Quindi la scelta degli alimenti è una strategia per contrastare i rischi dell’alimentazione notturna, sia essa per abitudine che per necessità professionali come avviene nei lavoratori notturni o turnisti. E ricordiamo che in Italia i lavoratori turnisti sono circa il 18% del totale”.
Dunque, come spiegato, lo studio ha rilevato un aumento del rischio di mortalità più del doppio per diabete in quelli che cenano tra le 23 e mezzanotte. Nel gruppo ad alta intensità calorica il rischio di mortalità generica aumentava del 21%, mentre quella per diabete era quasi doppia. Questo perché il corpo umano ha un suo orologio e si trova nel cervello. Questo orologio, un master clock centrale, sincronizza tutte le funzioni dell’organismo deprimendone o attivandone altre in funzione delle ore del giorno.
Un orologio biologico influenzato, ad esempio, dalla luce – Il master clock reagisce principalmente al segnale luminoso (ma non è in grado di distinguere tra luce naturale e artificiale). La luce viene colpita da specifici recettori presenti nella retina.
Ed ancora, tra i segnali periferici, la melatonina è uno dei più noti. Ormone liposolubile prodotto dall’epifisi aumenta nelle ore notturne con un picco tra le 2 e le 4 del mattino influenzando il sonno, la temperatura e l’appetito. I ritmi di vita moderni, già con l’introduzione della luce elettrica che ha allungato i periodi di veglia nelle ore notturne, interferiscono con l’orologio biologico che è regolato sui ritmi naturali.
Nello specifico, come si accennava sopra, i lavoratori turnisti notturni presentano un indice di massa corporea più elevato dei lavoratori diurni. Come spiega ancora il Prof. Avogaro, “Il lavoro notturno determina una alterazione di numerosi profili metabolici con aumento dei trigliceridi, diminuzione del colesterolo ‘buono’, iperglicemia e aumento dell’emoglobina glicata. Valori che tornano alla normalità quando si sospende la turnazione giorno/notte. In alcuni studi si è visto come i lavoratori notturni, a parità di calorie totali, tendano ad assumere cibi meno salutari e ultra-processati, come junk food che aumentano il rischio di obesità e diabete”.
Per quel che riguarda invece il sonno, in virtù delle relazioni tra sistemi biologici, che si sono dimostrate delicate e complesse, uno studio recente [ha rivelato che dormire 5 ore o meno aumenta il rischio di diabete di tipo 2 anche nelle persone con abitudini alimentari sane.
Infatti i ricercatori dell’Università di Uppsala hanno scoperto che gli individui che dormivano in media 5 ore (su un campione di 2147 persone di età media 55 anni seguiti per 12.5 anni), e quelli che dormivano da 3 o 4 ore per notte avevano un rischio maggiore di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto a quelli che dormivano tra 7 e 8 ore.
Max