Nichi Vendola annuncia il suo ritorno “dall’esilio in cui avevo scelto di stare” e lo fa con un lungo post su Facebook. “Ciao a tutte e a tutti. Come forse saprete, la ragione del mio allontanamento dalla scena pubblica è legata al coinvolgimento, per me drammatico e inatteso, nell’inchiesta sull’Ilva”, dice l’ex governatore della Puglia e leader della sinistra ecologista, condannato a tre anni e mezzo per concorso in concussione aggravata nell’inchiesta sul disastro ambientale dell’ex Ilva di Taranto.
“In questi anni ho scelto di difendermi nel processo e non dal processo, rinunciando anche a reagire alla campagna politico-mediatica che si è svolta parallelamente allo stesso. Penso che il trasferimento dei processi dai tribunali ai talk show e la conseguente pressione mediatica nuocciano alla giustizia. Penso che la ‘guerra dei trent’anni’ tra potere politico e potere giudiziario abbia fatto male alla nostra democrazia, diventando l’alibi che ha di fatto impedito una seria riforma della politica e della giustizia. Tuttavia io sono stato in disparte, anche perché l’unica ricchezza che ho cumulato nella mia vita è la reputazione, che non è un diploma o un curriculum ma l’immagine e il senso stesso di una vita intera”, sottolinea Vendola.
“Per me -prosegue- l’immagine e il senso di una storia di militanza cominciata all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, cioè cinquant’anni fa. Io attendevo dalla Corte di Taranto, dopo 8 anni di processo, di essere restituito a questa storia e all’assoluta correttezza delle mie azioni. Così non è stato. Aspetterò l’esito dell’appello con la stessa convinzione. Ma a differenza degli anni passati non rinuncerò a parlare delle cose che mi stanno più a cuore. Sia pure dai margini della scena, vorrei continuare a offrire un punto di vista che deriva da un’inesausta passione politica, che è passione per la vita e il vivente, passione per il mondo e per i diritti”.
“Credo -spiega ancora Vendola- sia urgente elevare il livello del dibattito pubblico alla luce delle lezioni della pandemia, che disvelano la fragilità dell’esistenza umana, ma anche la follia di un modello di sviluppo incentrato sul dominio del profitto e sull’irresponsabilità ambientale, e che ad oggi vedono come effetto dirompente il moltiplicarsi delle disuguaglianze”.
“Nell’attesa che la giustizia completi il suo cammino -conclude-, senza mai sottrarmi al vaglio critico dell’autorità giudiziaria, riprendo la parola, tornando dall’esilio in cui avevo scelto di stare. Ci sentiamo presto, Nichi”.