Terza dose di Pfizer alza la difesa contro la variante Omicron. Già con due dosi la protezione dovrebbe essere al 70% secondo quanto riporta uno studio, condotto su dati ‘real world’ del Sudafrica. Altri due lavori, non ancora pubblicati e quindi non sottoposti a revisione paritaria, osservano anche l’impatto della terza dose, mostrando dopo il booster un aumento della capacità di neutralizzare Omicron rispetto alla doppia dose, pur attestandosi su livelli più bassi di quelli che si hanno contro Delta.
In uno di questi due studi, una ricerca israeliana disponibile sulla piattaforma ‘Medrxiv’, gli autori hanno utilizzato isolati di diverse varianti fra cui Omicron per studiare la capacità di neutralizzazione del vaccino Pfizer/BioNTech. Gli esperti dimostrano “l’importanza della terza dose”, dal momento che dopo il booster rilevano un “aumento di 100 volte dell’efficienza di neutralizzazione” verso la variante Omicron. Ma questa neutralizzazione risulta “ridotta di 4 volte” rispetto a quella che si ottiene contro Delta. La durata dell’effetto è ancora da determinare. Gli autori osservano pure “una bassa efficienza di neutralizzazione contro Delta e il virus wild-type” dopo più di 5 mesi dalla seconda dose, “senza alcuna efficienza di neutralizzazione contro Omicron”.
In linea anche i risultati del secondo studio, che arriva invece dall’Australia ed è disponibile sulla piattaforma ‘Biorxiv’. I sieri raccolti uno, 3 e 6 mesi dopo due dosi di Pfizer/BioNTech hanno mostrato anche in questo caso “una capacità limitata di neutralizzare” il virus. Tuttavia, continuano gli autori, “4 settimane dopo la terza dose, i titoli anticorpali neutralizzanti risultano potenziati. Nonostante questo aumento, i titoli di anticorpi neutralizzanti sono ridotti di 4 volte per Omicron”.
A tracciare un quadro dell’effetto scudo delle due dosi è un lavoro condotto da Discovery Health, il più grande assicuratore sanitario del Sudafrica, su 211mila casi positivi, di cui 78mila attribuiti a Omicron. L’analisi, rimbalzata sulla stampa internazionale, ha mostrato una protezione contro i ricoveri da Omicron che viene descritta dagli autori del lavoro come ancora “molto buona”. Il rischio di ospedalizzazione tra gli adulti con Covid, inoltre, è risultato del 29% inferiore rispetto all’ondata pandemica iniziale. Tuttavia, lo studio ha rilevato anche che il vaccino sembra aver fornito solo il 33% di protezione contro l’infezione, molto meno del livello ottenuto rispetto ad altre varianti nel Paese.
I dati del Sudafrica, ha detto in conferenza stampa Ryan Noach, Chief executive di ‘Discovery Health’, “mostrano un aumento esponenziale sia delle nuove infezioni che dei tassi di positività ai test durante le prime 3 settimane di questa ondata”, elementi che sembrano suggerire che Omicron è “una variante altamente trasmissibile con una rapida diffusione nella comunità”. Ma, ha aggiunto Noach, “ciò che è incoraggiante in questa fase è la traiettoria più piatta dei ricoveri ospedalieri, che indica probabilmente una minore gravità di questa ondata”.