Già se ne parlava con apprensione da settimane poi, lo scorso 11 maggio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato per la variante proveniente dall’India (la Delta), la dicitura Voc, che sta per ‘variante che desta preoccupazione’, vista la straordinaria facilità con la quale si trasmette.
A nemmeno due mesi di distanza dall’avvertimento lanciato dall’agenzia con sede a Ginevra, attualmente nel mondo sono ben 96 i Paesi che hanno segnalato la presenza di casi di variante Delta. Un dato importante che tuttavia l’Oms definisce “probabilmente sottostimato per le limitate capacità di sequenziamento” necessario a identificare i mutanti del coronavirus pandemico”.
Rispetto a quella inglese (definita Alpha), la Delta presenta “un numero di riproduzione del 55% superiore”. Motivo questo che ha indotto l’Oms ad ufficializzare la pericolosità della variante indiana che, si legge nel suo report settimanale, “supererà rapidamente altre varianti e diventerà quella dominante nei prossimi mesi”.
Già oggi, come spiegato, “un certo numero di questi Paesi attribuisce alla variante Delta picchi di infezioni e ricoveri ospedalieri”.
Max