Il vaccino anti Covid monodose Johnson &Johnson di Janssen potrebbe essere molto meno efficace contro la variante Delta e Lambda del coronavirus Sars-CoV-2, rispetto al ceppo originario. A suggerirlo è un nuovo studio, rimbalzato sui media internazionali, secondo cui molti di coloro che hanno ricevuto questo prodotto-scudo potrebbero dover prendere in considerazione un booster, un richiamo eterologo, idealmente uno dei vaccini a mRna. Il lavoro, disponibile online ma non ancora pubblicato su una rivista scientifica e quindi non sottoposto ancora a revisione tra pari, arriva a conclusioni contrastanti rispetto a quelle di altri studi più piccoli pubblicati da J&J a inizio mese, che suggeriscono invece che una singola dose del vaccino è efficace contro la variante anche otto mesi dopo l’inoculazione.
Lo studio guidato da Nathaniel Landau, virologo della Grossman School of Medicine di New York, si basa su esperimenti condotti con campioni di sangue in laboratorio – riporta il ‘New York Times’ – e potrebbe non riflettere le prestazioni del vaccino nel mondo reale, ma i suoi risultati, fanno notare gli esperti, sono coerenti con le osservazioni su una singola dose del vaccino AstraZeneca, che ha un’architettura simile e mostra solo circa il 33% di efficacia contro la malattia sintomatica causata dalla variante Delta.
“Il messaggio che volevamo dare – precisa Landau – non è che le persone non devono ricevere il vaccino J&J, ma speriamo che in futuro venga potenziato con un’altra dose” dello stesso prodotto “o con un richiamo” eterologo “con Pfizer o Moderna”. Anche altri esperti come il virologo della Weill Cornell Medicine di New York, John Moore, pensano che questo vada considerato come “un vaccino a due dosi”.
Se Moore definisce quindi credibili i risultati del nuovo studio realizzato da un team che non ha legami con nessuno dei produttori di vaccini, Seema Kumar, portavoce di J&J, mette in evidenza che i dati di questo lavoro “non parlano della piena natura della protezione immunitaria”.