La variante Delta del Coronavirus riporta sotto i riflettori lo spettro della ‘zona rossa’ in un’Italia che sta per diventare tutta zona bianca da lunedì 28 giugno, con la promozione della Valle d’Aosta. La variante, più contagiosa delle sue ‘colleghe’, costituisce un elemento di preoccupazione a livello globale. Per arginarla, non basta una dose di vaccino: ne servono due. Secondo la circolare del ministero della Salute, la variante Delta (B.1.617.2) è del 40-60% più trasmissibile rispetto alla Alpha (Β.1.1.7) e può essere associata a un rischio più elevato di ospedalizzazione.
Il report dell’Iss evidenzia che “vengono segnalati anche in Italia focolai di varianti del virus Sars-CoV-2, in particolare della variante Delta, che presentano una maggiore trasmissibilità o potenzialità di eludere parzialmente la risposta immunitaria. La circolazione di queste varianti ha portato ad un inatteso aumento dei casi in altri Paesi europei con alta copertura vaccinale, pertanto è opportuno realizzare un tracciamento e sequenziamento dei casi”.
Contro la variante Delta “noi siamo stati tra i primi Paesi del mondo a disporre una misura molto molto restrittiva per il Paese in cui per la prima volta è stata riscontrata questa variante, ovvero l’India. Sin dal primo momento noi abbiamo disposto un ‘divieto d’ingresso’, quindi una misura anche più rigida della quarantena, che è ancora vigente e che riguarda l’India, ma anche il Bangladesh e lo Sri Lanka”, ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza. “Bisogna saper leggere momento per momento le vicende. In questo momento noi riteniamo che le misure che abbiamo assunto siano sufficienti”, ha aggiunto.
Il quadro però potrebbe cambiare, anche rapidamente. E’ concreta la prospettiva di dover chiudere dove è particolarmente diffusa la variante Delta? “Sì, è la flessibilità del sistema”, ha detto Franco Locatelli, Coordinatore del Cts e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, a Sky TG24 Live In Firenze. “In questo momento il Paese è zona bianca ma guai ad abbassare la guardia: siamo in una situazione più favorevole e possiamo oggi valutare numeri diversi rispetto al passato. Ma il problema non è superato”, ha detto.
Eventuali chiusure rientrano nella “flessibilità del sistema, lo stesso che abbiamo adottato per esempio per le zone dell’Umbria quando c’è stata la variante brasiliana”. “E’ importante lavorare nella maniera più intensiva sul tracciamento e sugli approcci di genotipizzazione e sequenziamento perché solo in questo modo riusciremo a intercettare in maniera precisa eventuali segnali di diffusione importante della variante indiana”.
Lunedì l’Istituto superiore di sanità (Iss) diffonderà i dati della flash survery per fornire un quadro preciso sulla diffusione della B.1.617.2. Intanto, i numeri preliminari forniscono un antipasto: la variante inglese è la più diffusa nel nostro paese con una percentuale del 74,9% sul numero di casi. Ma dalle prime segnalazioni di sequenziamenti eseguiti a giugno, emerge un aumento della diffusione della variante Delta che -con il sottotipo Kappa- passa dal 4,2% nel mese di maggio al 16,8%.