“Sull’obbligo vaccinale” contro Covid-19 “non c’entra niente l’autorizzazione dell’Ema, che è un’autorizzazione completa. E’ una misconcezione che debba essere l’Ema a dire qualcosa sull’obbligo vaccinale di un Paese”. Così Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema e consulente del commissario all’emergenza Covid, generale Francesco Paolo Figliuolo, ospite di ‘Timeline’ su Sky Tg24.
“So che una delle maggiori perplessità delle persone è ‘cosa succederà tra 10 anni iniettandomi dell’Rna del virus?'”. “Bene, la domanda è pertinente, ma ricordiamo che il vaccino ci dà una milionesima parte di quell’Rna che il virus non si fa nessun problema a darci in maniera massiva. Ogni particella virale ci dà tutto il suo Rna. Non sappiamo cosa succederà tra 10 anni, ma col vaccino” accadrà “una milionesima parte di quello che ci succederà col virus”., ha puntualizzato Rasi. “I vaccini non li definirei” utilizzando il termine “‘male’ in nessuna accezione, né ‘male minore’ né ‘maggiore’. Sono un bene, non un male”, ha ammonito l’esperto, confermando che nella Penisola “il trend delle vaccinazioni è molto buono. Anche rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia sta facendo bene sia in termini logistici che di risposta della popolazione”.
Rasi ha spiegato che “il prossimo obiettivo della campagna vaccinale” contro Covid-19 “è il raggiungimento dell’80% dei vaccinati per fine mese”, traguardo che “dal punto di vista logistico” è “perfettamente raggiungibile, anche se dipende da quanto le persone risponderanno e se ci sarà bisogno all’ultimo di imporre l’obbligo a quelle parti di popolazione che sono esposte al pubblico”. “Un secondo” obiettivo, ha aggiunto, “è quello di prepararsi per una terza dose” di vaccino.
“Anche qui la macchina logistica non dovrebbe porre grossi problemi”, ma “lì dipende dalle scelte e da quali categorie l’Ema alla fine indicherà come prioritarie oltre a quelle che sono già ovvie, scontate, e anche il ministro stesso le ha già preannunciate perché sono nella logica delle cose”, ha ricordato Rasi riferendosi in particolare agli immunodepressi. “Già sappiamo che agli immunocompromessi seri andrà somministrata”, ha confermato, ma per altre fasce di popolazione “sulla terza dose aspetterei la valutazione dell’Ema”, ha precisato l’esperto.
“Credo che Israele e Uk non siano due esempi completamente trasferibili a noi – ragiona infatti Rasi – E’ vero che Israele ha fatto una grossa campagna vaccinale, ma ha anche grosse disomogeneità territoriali interne e quindi non è un’esperienza trasferibile completamente. Ovviamente ci fornisce dei dati. Aspettiamo l’Ema, che conosce la situazione europea, e poi mettiamola sulla situazione italiana”.
“Su un terzo richiamo vaccinale – ha puntualizzato l’ex numero uno dell’ente regolatorio europeo e consulente di Figliuolo – quello che stiamo aspettando, e speriamo che l’Ema abbia già dati sufficienti, è di capire quando una persona debba essere considerata non più protetta. Alcune categorie sono molto facili” da identificare, “altre un po’ meno. Il livello di anticorpi è uno degli indici che si sta studiando e probabilmente sarà quello usato. Va trovato il punto di individuazione esatto per essere chiari”.
“A livello di salute pubblica – ha continuato Rasi – potrebbe esserci un trend così sicuro, importante, di tutta la popolazione, che si potrebbe arrivare a dire, dopo 9-12 mesi, che sia comunque necessaria per tutti una terza dose. Attenzione: questo al netto di nuove varianti” di Sars-CoV-2 “che potrebbero arrivare. Adesso, con la variante Delta e stando così le cose, la terza dose prima o poi dovrebbe arrivare”.
Quanto all’ipotesi di togliere la mascherina a scuola nelle classi in cui tutti sono vaccinati contro Covid-19 “non c’è una risposta univoca perché questo virus continua a cambiarci le carte in tavola. Prima della variante Delta – ha spiegato – avrei detto sicuramente sì, mentre ora forse aspettare qualche dato in più non sarebbe male”. “Prima della Delta era assolutamente logico – ha ripetuto – mentre oggi questa variante sembra sia così veloce e riesca senz’altro a infettare, ma non a creare malattia, anche nei vaccinati. E’ veramente difficile dare una risposta, proprio perché il virus ci sta cambiando i termini scientifici”.