Il vaccino anti-Covid monodose di Janssen (gruppo Johnson & Johnson) è efficace e i Paesi possono prendere in considerazione l’utilizzo di uno o due cicli di immunizzazione in base alle circostanze, valutando dunque l’opportunità di procedere a un richiamo anche eterologo (con prodotti a mRna) a 2 o a 6 mesi a seconda della situazione epidemiologica e delle necessità dei diversi sottogruppi di popolazione. Queste, in sintesi, le raccomandazioni provvisorie dell’Organizzazione mondiale della sanità sul vaccino J&J, redatte in base ai suggerimenti allo Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization dell’agenzia e delle evidenze disponibili.
“In alcune circostanze – spiega l’Oms – l’uso di una dose singola” ancora oggi “può avere dei vantaggi”, considerando che “molti Paesi devono far fronte a gravi limiti nella fornitura di vaccini, associati a un elevato carico di malattia. Una singola dose del vaccino” J&J infatti “è efficace – assicurano gli esperti – e permette di aumentare rapidamente la copertura vaccinale, che a sua volta ridurrà l’impatto” di Covid-19 “sui sistemi sanitari prevenendo gravi esiti della patologia. Una singola dose può anche essere un’opzione preferita per vaccinare popolazioni difficili da raggiungere o che vivono in contesti di conflitto o insicuri”. Ciò premesso, “una seconda dose può essere appropriata a mano a mano che le scorte di vaccino e/o l’accessibilità aumentano”.
In particolare, “i Paesi dovrebbero prendere in considerazione l’offerta” ai vaccinati J&J “di una seconda dose – precisa l’Oms – iniziando con i gruppi a priorità più alta (ad esempio operatori sanitari, anziani e persone con comorbilità). La somministrazione del richiamo si tradurrà in una maggiore protezione contro l’infezione sintomatica e la malattia grave. Per la seconda dose può essere preso in considerazione anche un vaccino eterologo” e anche l’intervallo può essere deciso in base alle circostanze: “Un richiamo 2 mesi dopo la dose iniziale aumenta sostanzialmente l’efficacia, specie contro le infezioni sintomatiche, anche quando causate da varianti di preoccupazione di Sars-CoV-2”, confermano gli esperti. Ma “è stato dimostrato che un intervallo ancora più lungo tra le due dosi (6 mesi anziché 2) determina un aumento maggiore delle risposte immunitarie negli adulti. I Paesi potrebbero quindi prendere in considerazione un intervallo fino a 6 mesi, in base alla loro situazione epidemiologica e alle esigenze delle varie sottopopolazioni”.