Nell’ambito delle reazioni avverse legate alla vaccinazione anti-Covid, che poi siamo gravi o meno, ciò che a noi – gente comune’ – terrorizza, è proprio il fatto che l’inoculazione di questo vaccino può causarle. Hai voglia a dire che è un discorso esteso a qualsiasi farmaco, e che in tal senso anche un’aspirina può uccidere. Visto che un lungo periodo la vaccinazione è stata ‘obbligatoria’ ed estesa a tutte le fasce d’età, è comprensibile quanti, in virtù di possibili reazioni, hanno mostrato grande reticenza, soprattutto nel sottoporre i figli minori alla vaccinazione.
Ed oggi, cercando di ‘rassicurarci’ (!), la rivista scientifica ‘Jama Pediatrics’, ha pubblicato in tal senso gli esiti di un studio che, ‘a detta degli esperti’, avrebbe dato “risultati rassicuranti“. Dunque, premettendo che comunque “è giustificato un follow-up continuativo di questi pazienti”, dalla ricerca emerge – si legge – “Un basso tasso di incidenza ed esiti precoci ampiamente favorevoli per le miopericarditi associate al vaccino anti-Covid a mRna negli adolescenti e nei giovani adulti”.
E’ quanto emerge dalle conclusioni tratte dagli autori di una ‘revisione sistematica e metanalisi’ di 23 studi, che ha attentamente monitorato 854 pazienti di un’età compresa tra 12 e 20 anni, che manifestato un’infiammazione cardiaca post vaccino. Il team, americo-niponico, ha unito i ricercatori del Nationwide Children’s Hospital di Columbus, Ohio, del Teine Keijinkai Hospital, quelli dell’Hokkaido Cardiovascular Hospital di Sapporo, e di altri centri (dall’University of Virginia a Charlottesville al Shizuoka Medical Center, fino all’Albert Einstein College of Medicine di New York). Ebbene, il primo dato che salta agli occhi, è intanto che l’incidenza di mio pericardite, dopo la seconda dose del vaccino, è stata registrata più alta nei maschi. Per quel 15,6% dei pazienti che presentava una disfunzione sistolica del ventricolo sinistro, l’1,3% ha rivelato una forma grave di questa disfunzione mentre, il 23,2%, è stato ricoverato in una unità di terapia intensiva ma, hanno assicurato i ricercatori, “non è stata osservata mortalità intraospedaliera“.
Concludendo, riassumendo su quanto evidenziato rispetto agli 854 pazienti tra i 12 ed i 20 anni di età, il 90,3% ha interessato i maschi. Nel 74,4% dei casi, le complicazioni sono comparse dopo la seconda dose. E’ vero che ben l’84,4% dei pazienti mostrava una funzione ventricolare sinistra ‘preservata’, e che non stato registrato nessun decesso e che, fortunatamente, tra i casi osservati non c’è stata la necessità di un ‘supporto meccanico’, ma certo sono numeri ugualmente inquietanti. La ‘consolazione’ ( a detta degli esperti), è che, tra quanti ricoverati, la degenza ospedaliera non è andata oltre i 2,8 giorni. Uno studio ‘rassicurante’? Mica tanto…
Max