Dopo 7 mesi dalla seconda dose di vaccino anti-covid, i primi operatori sanitari vaccinati a Sassari sono ancora protetti. Lo certifica uno studio realizzato dalla struttura di Sorveglianza sanitaria dell’Azienda ospedaliera sassarese, che ha effettuato un’analisi sull’efficacia del vaccino contro il Covid-19 su oltre 4mila persone, tra operatori sanitari, personale amministrativo e operatori delle ditte esterne che lavorano negli ospedali. I dati, spiega una nota, dimostrano che, a distanza di 7 mesi dalla somministrazione, il vaccino mantiene la sua efficacia protettiva. Alcuni operatori vaccinati hanno contratto una infezione da Sars Cov-2 solo lo 0,48% in forma asintomatica o paucisintomatica, nessuno è stato ricoverato e sempre nessuno è deceduto. Dallo studio emerge che il livello di protezione è significativamente superiore a quello rilevato dall’Istituto Superiore di Sanità nella popolazione italiana per classi di età comparabili alla popolazione in studio.
“E chiaro che ci sono anche altre condizioni – afferma Antonello Serra, responsabile della struttura Sorveglianza sanitaria e coordinatore del centro vaccini Covid-19 assieme a Paolo Castiglia – e tra queste deve essere tenuta in debito conto la maggiore attitudine degli operatori sanitari ad adottare dispositivi e comportamenti di protezione dal rischio infettivo. A questa va aggiunto anche il fatto che una popolazione di lavoratori in attività è, mediamente, in condizioni di salute migliori rispetto alla popolazione generale”.
“E rilevante – prosegue – che questo elevato livello di protezione del vaccino permanga, nonostante il livello di anticorpi neutralizzanti si sia ridotto del 79,2% rispetto al livello misurato subito dopo il completamento del ciclo vaccinale. L’ipotesi è che – aggiunge – il complesso della risposta immunitaria, che comprende diverse linee di attività tra le quali l’immunità cellulare che può essere misurata solo con test di maggiore complessità, risulti ancora efficace a distanza di 7 mesi, anche rispetto alla protezione di una variante del virus, la Delta, significativamente più infettiva del ceppo originario”.