Quasi 2,5 milioni di over 60 (14%) non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino anti-Covid. E’ quanto sottolinea l’ultimo report della Fondazione Gimbe, secondo il quale “al 23 giugno il 54% della popolazione italiana ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 27,6% ha completato il ciclo vaccinale”. “Nell’ultima settimana sono state somministrate 3.751.029 milioni dosi, per la prima volta in calo rispetto alla settimana precedente (-4,5%) a fronte di oltre 3 milioni di dosi ancora ‘in frigo’. Si riduce anche la media mobile a 7 giorni che dal picco del 10 giugno scende da 585.639 a 542.448 inoculazioni al giorno del 22 giugno”.
Il report di Gimbe analizza le immunizzazione per fasce d’età. “L’86% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia e Umbria hanno superato il 90% la Sicilia si mantiene sotto il 75%; degli oltre 4,4 milioni over 80, 3.883.342 (86,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 307.914 (6,9%) hanno ricevuto solo la prima dose; degli oltre 5,9 milioni nella fascia 70-79 anni, 2.914.810 (48,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.278.673 (38,2%) hanno ricevuto solo la prima dose; degli oltre 7,3 milioni nella fascia 60-69 anni, 3.150.738 (42,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.851.868 (38,3%) hanno ricevuto solo la prima dose”.
“In altri termini, quasi 2,5 milioni di over 60 (14%) non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali: dal 25,2% della Sicilia al 8,7% della Puglia – evidenzia Gimbe – Peraltro, il trend di coperture vaccinali per fasce di età conferma ormai l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69, oltre a dimostrare una netta flessione nelle ultime tre settimane per la fascia 50-59 anni, già a copertura inferiore al 70%”. “Considerato che oltre 5,4 milioni di over 60 devono ancora completare il ciclo vaccinale – precisa Renata Gili, responsabile ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – è utile ribadire che secondo l’ultimo report del Public Health England nei confronti della variante delta una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) riduce la probabilità di malattia del 31% e di ospedalizzazione del 75%; percentuali che salgono rispettivamente al 80% e al 94% con il ciclo completo”.
“Rispetto alle forniture stimate nel Piano vaccinale – Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – rimarrebbero da consegnare entro la fine del secondo trimestre 25,9 milioni di dosi, il 34% di quelle originariamente previste. Anche non considerando il vaccino di CureVac, che non ha superato con successo i test clinici, è certo che non arriveranno 18,6 milioni di dosi entro fine mese”. “Infatti, secondo le dichiarazioni del Generale Figliuolo, a giugno avremo un totale mensile di vaccini a mRna pari a 15,3 milioni: in altri termini”, evidenzia la Fondazione. Secondo Cartabellotta “se a giugno sono già state consegnate 9,43 milioni di dosi di Pfizer/BioNTech e 1,27 milioni di Moderna, entro fine mese sono attese solo altre 4,7 milioni di dose”. Il Commissario ha inoltre dichiarato che per il mese di luglio è prevista la disponibilità di circa 14,5 milioni di dosi di vaccini a mRna.
“Contando dunque su 19,2 milioni di dosi di Pfizer e Moderna nelle prossime cinque settimane – conclude Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – la capacità certa di somministrazione è di circa 550 mila dosi al giorno al massimo, stante che nulla sappiamo delle consegne di AstraZeneca e Johnson&Johnson previste per luglio”. .
Variante Delta
Sulla variante Delta del Covid serve “proattività, ovvero potenziare il sequenziamento e il contact tracing, oltre che attuare strategie di screening per chi arriva dall’estero e completare il ciclo vaccinale di over 60 e fragili. Ad oggi in Italia su questa variante ci sono pochi dati e la gestione è troppo attendista”, sostiene il report. “Se al momento attuale tutti i dati dimostrano una bassa circolazione del virus e ed un impatto ospedaliero ormai minimo, non è accettabile una gestione ‘attendista’ della variante Delta, contro la quale occorre attuare tempestivamente le misure raccomandate dall’Ecdc: potenziare sequenziamento e contact tracing, attuare strategie di screening per chi arriva dall’estero, accelerare la somministrazione della seconda dose negli over 60 e nei fragili, commisurando l’intensità delle misure non farmacologiche di contenimento del contagio alla loro copertura completa”, suggerisce Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Secondo il report degli Ecdc pubblicato ieri, la variante delta (o indiana) è del 40-60% più contagiosa di quella alfa (inglese) e determinerà il 70% delle nuove infezioni entro l’inizio di agosto ed il 90% entro la fine del mese. In Italia, “stando al database internazionale Gisaid, sulla base dei campioni prelevati dal 9 al 23 giugno, su 218 sequenze depositate 71 (32,6%) sono da variante delta, un numero di incerta rappresentatività nazionale visto che non tutte le Regioni condividono i sequenziamenti in questo database – riporta il documento di Gimbe – Un dato più accurato sulla prevalenza della variante delta in Italia, che al 18 maggio si attestava all’1%, è atteso con la nuova indagine di prevalenza dell’Iss sui campioni notificati il 22 giugno”.
“In assenza di dati affidabili sulla presenza della variante delta in Italia – puntualizza Cartabellotta – tre sono le ragionevoli certezze: innanzitutto il numero di sequenziamenti effettuati è modesto e notevolmente eterogeneo a livello regionale; in secondo luogo, il contact tracing non è stato adeguatamente ripreso, nonostante i numeri del contagio lo permettano; infine, preoccupa il confronto con quanto sta accadendo nel Regno Unito nonostante sia più avanti sul fronte delle coperture vaccinali: in Italia infatti poco più 1 persona su 4 ha una copertura adeguata, avendo – prosegue – completato il ciclo vaccinale (27,6% rispetto al 46% del Regno Unito), mentre il 26,5% della popolazione ha ricevuto solo una dose (rispetto al 17% del Regno Unito) e il 46% è totalmente privo di copertura (rispetto al 37% del Regno Unito), percentuali preoccupanti considerando la minore efficacia di una sola dose di vaccino nei confronti di questa variante”.
-90% ricoveri da inizio aprile
Il monitoraggio rileva poi che “gli ospedali si sono svuotati con un calo del 90% degli accessi da inizio aprile”. Nella settimana dal 16 al 22 giugno, rispetto alla precedente, si è registrata “una diminuzione di nuovi casi (7.262 contro 11.440) e decessi (221 contro 411). In calo anche i casi attualmente positivi (72.964 contro 105.906), le persone in isolamento domiciliare (70.313 contro 102.069), i ricoveri con sintomi (2.289 contro 3.333) e le terapie intensive (362 contro 504)”. “Da 14 settimane consecutive – afferma Cartabellotta – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Se la costante riduzione del rapporto positivi/casi testati conferma una ridotta circolazione del virus, la progressiva diminuzione dell’attività di testing sottostima il numero dei nuovi casi e documenta l’insufficiente tracciamento dei contatti, cruciale in questa fase della pandemia”.
Dalla settimana 5-11 maggio “il numero di persone testate si è progressivamente ridotto del 52,7%, passando da 662.549 a 313.122 – riporta il documento di Gimbe – nel periodo 12 maggio-22 giugno la media nazionale si attesta a quota 101 persone testate al giorno per 100.000 abitanti con rilevanti e ingiustificate differenze regionali. In tutto il territorio nazionale si conferma il calo dei nuovi casi settimanali (irrilevante in valore assoluto l’incremento percentuale di Liguria e Molise) (tabella). Inoltre, da 10 settimane sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 32 al giorno rispetto ai 59 della settimana precedente”.
“La costante riduzione dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti Covid al 4% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le Regioni che registrano valori inferiori al 10% e 4 Regioni senza pazienti Covid ricoverati in area critica”. In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 2.289 (-92,2%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 362 (-90,3%). Le persone in isolamento domiciliare, dal picco del 28 marzo, sono passate da 540.855 a 70.313 (-87%).
“Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – risultano in calo da 3 mesi e la media mobile a 7 giorni è di 11 ingressi al giorno”.