“A 3 mesi dalla seconda dose, il vaccino anti-Covid conferma la sua efficacia nonostante la prevedibile riduzione del titolo anticorpali”. E’ il dato annunciato dall’ospedale Niguarda di Milano, in base ai risultati dello studio clinico ‘Renaissance’ che ha preso in esame “una vasta casistica, la più ampia ad oggi in Italia – sottolineano dall’Asst Grande Ospedale Metropolitano – composta da 2.415 operatori sanitari in servizio a Niguarda, che hanno completato il ciclo con il vaccino Comirnaty* di Pfizer/BioNTech tra gennaio e febbraio”.
Dalla ricerca, condotta in collaborazione con l’università Statale del capoluogo lombardo, emergono “risultati incoraggianti”, si legge in una nota. L’obiettivo dello studio era “valutare la risposta immunitaria” indotta dal vaccino Covid-19, “fotografandola a diverse scadenze temporali. In primis la risposta è stata valutata a 14 giorni dalla seconda dose (i risultati sono stati diffusi lo scorso marzo), e ora la ricerca si rafforza con i dati a 3 mesi dal completamento del ciclo di immunizzazione”.
“Con la prima analisi avevamo osservato una risposta anticorpale in oltre il 98% dei vaccinati – afferma Francesco Scaglione, direttore del Laboratorio di Analisi chimiche e Microbiologia di Niguarda – Trascorsi 3 mesi dalla seconda dose, in tutti coloro che avevano risposto positivamente al vaccino persiste il titolo anticorpale nel siero. Come atteso, i valori medi rilevati sono naturalmente diminuiti nel tempo, di circa il 50% in media, ma comunque sono ancora molto superiori alla soglia di negatività. Mancano ancora dati confermati circa il cut-off, cioè il titolo anticorpale minimo per essere protetti. Ne sapremo certamente di più quando lo studio completerà il suo iter, che prevede un dosaggio anche a 6 e 12 mesi di distanza. Intanto – rimarca Scaglione – la validità del vaccino è confermata anche dal fatto che nessuno abbia sviluppato una malattia sintomatica durante i mesi della terza ondata pandemica”.
Un altro dato evidenziato da Niguarda riguarda la sorveglianza sanitaria interna dell’ospedale. “Da quando è stato completato il ciclo vaccinale sugli oltre 4.500 dipendenti – riportano dall’Asst – nessuno di questi ha sviluppato Covid-19 sintomatico”. A seguito degli accertamenti condotti, “sono risultate positive 14 persone, tutte asintomatiche o paucisintomatiche”. Per Scaglione “anche questo dato è particolarmente positivo. Considerando la circolazione delle varianti” di Sars-CoV-2, precisa infatti il responsabile del laboratorio, “lo studio suggerisce che il vaccino in qualche modo possa conferire una protezione anche in questi casi”.
Gli esperti dell’ospedale milanese evidenziano comunque che la risposta anticorpale osservata nella ricerca (anticorpi IgG diretti contro il recettore Rbd della proteina Spike del coronavirus) riflette solo una parte del complesso meccanismo di protezione attivato dall’organismo con il vaccino. Oltre agli anticorpi, c’è la risposta mediata da ‘soldati immunitari’ come le cellule della memoria e le Natural killer, fondamentali per una protezione prolungata nel tempo. “Conclusa la prima fase dello studio – puntualizza quindi Scaglione – approfondiremo la risposta delle cellule T, quelle deputate alla memoria, per capire se il vaccino può indurre un’immunità molto duratura”.
Da Niguarda arrivano anche altri dati. “Con un’analisi retrospettiva – riferisce l’azienda socio sanitaria territoriale – si è valutato l’impatto della vaccinazione sui lavoratori, per stabilire se l’entità degli effetti collaterali fosse tale da influire negativamente sulle attività in corso dell’ospedale. A partire da una casistica ancora più ampia di quella dello studio Renassaince, con un campione allargato a 4.043 persone, la ricerca rivela che solo l’1,6% dei professionisti di Niguarda si è dovuto assentare dal lavoro a causa di effetti collaterali, comunque lievi, dopo la prima somministrazione del vaccino Comirnaty, e circa il 6% dopo il richiamo che, come noto, evoca una risposta più forte rispetto alla prima iniezione. In media le assenze sono state di 2 giorni, con effetti collaterali più accentuati nei lavoratori che avevano precedentemente contratto il virus”.
Questo tipo di indagine, è il commento dell’Asst, “dimostra come un’ampia campagna vaccinale all’interno di un’azienda non vada a interferire criticamente con le attività lavorative, confermando ancora una volta l’importanza di un’immunizzazione più ampia possibile, che riduce il rischio di ammalarsi di Covid”.