“Un aspetto importante da capire ora sarà cosa fare con le persone che sono state vaccinate da molto tempo, più di 8 mesi fa, quindi i primi immunizzati” d’Italia, quelli che hanno inaugurato la campagna vaccinale anti-Covid da fine dicembre 2020 in poi. “Perché ormai comincia a essere abbastanza importante la possibilità che sia necessaria una terza dose”. A evidenziare all’Adnkronos Salute la necessità di valutare adesso la questione è Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute.
Una riflessione andrà affrontata, a suo avviso, “anche per chi ha fatto il ciclo vaccinale completo a inizio anno”, gran parte sanitari. “Io ritengo che la terza dose si arriverà perlomeno a consigliarla alle persone fragili, con patologie e over 70”, osserva l’esperto. Altri Paesi hanno già imboccato questa strada. Da Israele che ha scelto di coprire con un altro richiamo vaccinale anti-Covid gli over 60, alla Germania che comincia dasi gruppi a rischio. “E penso che ci arriveremo tutti”, conclude Clementi.
“I numeri mostrano un rallentamento della crescita dei contagi Covid e sembrano suggerire che siamo relativamente vicini a una sorta di picco” di questa ondata di casi. “Picco che dovremmo raggiungere da qui a poco probabilmente entro agosto, se l’andamento è quello che c’è stato nei Paesi che ci hanno preceduto in questa diffusione della variante Delta di Sars-CoV-2. Dovremmo rimanere in questo ordine di grandezze sia in termini di nuovi infetti che di ospedalizzati”, è l’analisi del virologo, che guarda ai dati emersi dal monitoraggio. L’Italia ha un indice di trasmissibilità Rt che appare stabile al momento. Insieme all’incidenza, sono in lieve aumento i ricoveri e le terapie intensive, ma “il dato è ancora abbastanza in linea con l’incremento dei soggetti infettati”, commenta l’esperto all’Adnkronos Salute.
Guardando alle terapie intensive, “quasi sempre – 9 volte su 10 – si tratta di pazienti non vaccinati o con vaccinazione incompleta. Questo a ulteriore conferma che il vaccino protegge”. E mentre si discute su quale sia l’impatto di questa nuova ondata di contagi sui vaccinati, Clementi invita a riflettere su un aspetto: “L’infezione può verificarsi nei vaccinati e in alcuni casi era da attenderselo – dice il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute – Ma per quel che riguarda le ospedalizzazioni e la possibilità di innestare infezioni molto gravi che possono portare alla terapia intensiva, c’è una protezione notevole da parte della vaccinazione. Anche ieri è uscito un lavoro sul ‘New England Journal of Medicine’ che lo conferma. Finora i vaccini hanno protetto nei confronti di tutte le varianti, quando più quando meno, ma hanno protetto”.
Il vaccinato, illustra Clementi, “produce due classi di anticorpi IgG e IgM; non ne produce una terza che invece fa chi ha avuto l’infezione naturale, cioè gli anticorpi IgA secretori presenti a livello delle mucose. Venendo a contatto col virus può anche avere un ciclo o due replicativi a livello delle mucose. Quello è il momento in cui il tampone risulta positivo. Poi l’immunità sviluppata grazie al vaccino interviene. L’infezione di solito è molto transistoria e a bassa carica virale. Può infettare, certo, ma ha meno probabilità di un non vaccinato e difficilmente si ammala”.
“Può anche succedere che la carica virale sia più alta – ammette l’esperto – Dobbiamo dare ragione di tutti gli episodi che accadono in una pandemia con tanti soggetti infettati, ma dobbiamo anche confermare che i vaccini sono l’arma più potente che abbiamo in questo momento e stanno dimostrando tutta la loro efficacia. Sarebbe difficile, anche arrampicandosi sugli specchi, metterla in discussione”.