La corsa della campagna vaccinale a immunizzare il maggior numero di italiani deve fare i conti con uno zoccolo duro di connazionali ‘in fuga’ dal vaccino. Un gruppo eterogeneo di persone che, per diversi motivi, potrebbe anche non vaccinarsi mai contro il Covid. Una prima fotografia di questo fenomeno è stata fatta dal commissario straordinario all’emergenza, il generale Figliuolo a inizio maggio: “I no-vax nel Nord-Est del Paese sono il 18%, nelle altre Regioni siamo al 10-12%. Il fenomeno – spiegava in una intervista – è statisticamente rilevante se sale sopra il 5%”. Gli italiani quindi che molto probabilmente non faranno il vaccino o aspetteranno fino all’ultimo sono circa 5 milioni, calcolando che sono 50 mln gli over 16. Ieri a Roma si è svolta una manifestazione no-vax che ha radunato migliaia di persone, anche medici, contrarie al vaccino Covid. L’ultimo di tanti eventi che ogni settimana si svolgono nelle piazze italiane.
Accanto a questo fenomeno ci sono i dati rilevati al 17 maggio dalla Fondazione Gimbe, un indicatore di come questo zoccolo duro sia trasversale. Il report Gimbe che analizza l’andamento delle immunizzazioni ha rilevato che “il 22,6% della popolazione 70-79anni e il 9% degli over 80 non hanno ricevuto neanche una dose”. In questa analisi “non sono noti i numeri sulle mancate adesioni e i rifiuti selettivi (ad esempio per AstraZeneca)”, sottolinea la Fondazione Gimbe all’Adnkronos Salute.
“Considerato che la campagna vaccinale sta entrando in una fase condizionata dall’adesione della popolazione, occorre integrare la prenotazione volontaria con un sistema a chiamata attiva – propone la Fondazione – coinvolgendo in maniera sistematica e capillare i medici di famiglia e mettendo in campo un’adeguata campagna di comunicazione istituzionale e strategie di persuasione individuale”.
I medici di famiglia si trovano a dover sopperire “ai limiti di una campagna vaccinale pensata per grandi numeri e non per le esigenze del singolo paziente magari anziano, fragile e solo – spiega all’Adnkronos Salute Pierluigi Bartoletti, segretario provinciale della Fimmg Roma, la Federazione dei medici di famiglia – Tra i miei 1.110 assistiti in questi mesi ho avuto a che fare solo con due no-vax. Se c’è una percentuale di persone esitanti o non registrate la colpa è del sistema dei grandi ‘hub’ molto rigido. Questi cittadini vivono lontano dai grandi centri vaccinali, sono soli e non hanno come spostarsi, spesso sono fragili e ancor più spesso non sono registrati nel sistema. Faccio un esempio, un cardiopatico che non ha la 104, non ha nessuna esenzione ed è quindi invisibile al sistema. Ho avuto tante segnalazioni di questi casi, persone rimaste indietro rispetto alla campagna di vaccinazione”.
Bartoletti segnala anche un problema che si sta verificando nel Lazio. “Se chiedono a me medico di famiglia di convincere questi pazienti dubbiosi al vaccino, perché li conosco bene e posso essere più convincente, mi devono però anche dare i vaccini – avverte – altrimenti, come accaduto con una anziana proprio ieri, l’ho convinta ma dopo non c’era più il vaccino disponibile e poi scopro che avevano organizzato un Open Day. Ecco questo magari non dovrebbe accadere: se mi vengono promesse 50 dosi, poi non ne posso avere 2”.
“In conclusione il modello ‘hub’ paga in termini di numeri ma non di servizio – analizza Bartoletti – Noi siamo in prima linea dall’inizio e possiamo dare un grande contributo anche per arrivare là dove il sistema non riesce, ma dobbiamo essere messi nelle condizioni farlo nel migliore dei modi”.