“L’Istituto Spallanzani di Roma sta cercando volontari sani, di ambo i sessi, di età compresa tra i 18 e i 55 anni e tra i 65 e gli 85 anni, iscritti al Servizio sanitario nazionale, che non abbiano partecipato ad altri studi clinici negli ultimi 12 mesi e che non abbiano contratto Covid-19. Se rispondi a questi requisiti e vuoi dare un tuo contributo nella lotta al coronavirus chiama il numero 06/55170203 dalle 09:00 alle 17:00 o scrivi una mail a dirsan@inmi.it”
Questo è il testo che già da oggi sta girando ovunque, specialmente nei social. Come ha infatti annunciato oggi Alessio D’Amato, assessore alla Sanità del Lazio: ”Sono arrivate le prime dosi del vaccino made in Italy” all’Istituto Spallanzani di Roma per la “sperimentazione sull’uomo” che, ha aggiunto, prenderà il via “dal 24 agosto”.
Dunque, grazie al grande impegno dimostrato in tuti questi mesi dall’Istituto di malattie infettive romano, ci accingiamo forse a vincere la prima battaglia contro questo maledetto virus. La guerra è ancora lunga, ma questa richiesta di volontari per la sperimentazione sull’uomo del ‘Grad-Cov2’, il primo vaccino italiano contro il Covid-19, accende grandi speranze.
Ricordiamo che il vaccino è finanziato per 8 milioni di euro, 5 dei quali erogati dalla Regione Lazio e, tramite il Cnr, con altri 3 dal Mur.
Al momento, è stato spiegato, la sperimentazione coinvolgerà 90 volontari per quella che è stata definita la Fase 1 dei test. Questa prima fase serve per valutare la tollerabilità del vaccino, che sarà somministrato attraverso differenti dosaggi, inoltre, elemento fondamentale, sarà inoltre testata la frequenza e la gravità di eventuali effetti collaterali.
Nel corso della sperimentazione, i 90 volontari verranno divisi in due gruppi di differenti fasce d’età: 45 (nella ‘forbice’ fra i 18 e i 55 anni), gli altri 45 nel gruppo formato dagli over 65.
Poi, a sua volta, ogni gruppo verrà diviso in tre ‘sottogruppi’ da 15 persone, ai quali verrà quindi somministrato un diverso dosaggio del vaccino.
Alla fine, a ciascuno dei 90 volontari sarà stata iniettata una dose e, dal quel momento, i pazienti saranno sottoposti a sette controlli: il primo dopo due giorni mentre, l’ultimo, dopo 24 settimane. Qualora, come si spera, i risultati dovessero rivelarsi positivi, in autunno si procederà quindi alla Fase 2 che dovrebbe comportare la sperimentazione su un campione più elevato di volontari, sia nel nostro Paese che in altri, laddove persiste un’elevata circolazione del virus. Chiuso il ciclo dei test, se l’efficacia del vaccino sarà suffragata, l’Aia (Agenzia italiana del farmaco), potrà autorizzare l’immissione in commercio del vaccino.
All studio che, è bene ripeterlo, nasce con l’intento di appurare la capacità del vaccino di innestare adeguate risposte immunitarie contro il SarS-CoV-2, parteciperanno anche anche il Policlinico G.B. Rossi di Verona e gli ospedali di Piacenza e Cremona, che seguiranno lo stesso identico iter dello Spallanzani.
Ma tecnicamente, come funziona questo vaccino ‘romano’ o meglio, made in Italy?
Intanto, è bene dirlo, è stato prodotto e realizzato (e, soprattutto, brevettato), dalla società biotecnologica italiana ReiThera (con sede a Castel Romano), utilizzando la tecnologia del ‘vettore virale non-replicativo’, cioè non in grado di produrre infezione nell’uomo. In questo caso, come ben spiega l’AdnKronos salute, “il vettore virale agisce come un minuscolo ‘cavallo di Troia’, che induce transitoriamente l’espressione della proteina spike (S) nelle cellule umane. Questa proteina è la ‘chiave‘ attraverso la quale il virus, legandosi ai recettori presenti all’esterno delle cellule polmonari, riesce a penetrare ed a replicarsi all’interno dell’organismo umano. La presenza della proteina estranea – conclude la spiegazione dell’AdnKronos – innesca la risposta del sistema immunitario contro il virus”.
Max