Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità continua a rimproverare il nostro Paese per aver scelto di non aderire all’ennesima obbligatorietà vaccinale, a proposito dei vaccini anti-Covid proseguono intanto gli studi relativi sia ai numerosi ‘effetti avversi’ (tavolta gravissimi), seguiti alla massiccia vaccinazione, che alla ‘reale risposta’ immunitaria del nostro organismo rispetto alle dosi somministrate.
Intanto, come rivela un attento studio condotto da un team di scienziati della Fondazione Irccs Istituto neurologico ‘Carlo Besta’ (Fincb), dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, dell’azienda ospedaliera Senese e della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza, che hanno collaborato con l’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Segrate (Cnr-Itb), il primo dato che è emerso, è che – diversamente da come si pensava – la risposta al vaccino (nello specifico parliamo del vaccino Bnt162b2, Pfizer-Biontech), non è univoca, ma individuale, cioè influenzata dalle caratteristiche genetiche di ognuno.
Dunque, come ben spiega l’agenzia di stampa Adnkronos, lo studio (disponibile in open access su ‘Communications Medicine’), ha mostrato “come alcuni soggetti con determinate varianti genetiche nei geni del complesso maggiore di istocompatibilità (proprietà delle cellule di un tessuto di essere riconosciute come proprie da parte dell’organismo e non essere quindi eliminate dal sistema immunitario), coinvolto nei principali meccanismi di difesa del nostro sistema immunitario, producevano differenti quantità di anticorpi diretti contro l’antigene del coronavirus Sars-CoV-2”.
Quindi, spiega ancora l’agenzia di stampa, ”I ricercatori hanno valutando la correlazione tra milioni di varianti genetiche germinali e i livelli anticorpali nel siero di soggetti vaccinati contro il Covid-19, a 30 giorni di distanza dalla vaccinazione. Infatti, sin dall’inizio della campagna vaccinale si era osservata una differenza sostanziale nelle quantità di anticorpi prodotti dai soggetti vaccinati”.
Dal canto suo la ricercatrice del Cnr-Itb Francesca Colombo, che ha guidato la ricerca (finanziata dell’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai), tiene a rimarcare che “Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”. Dunque, prosegue la ricercatrice, “Il nostro studio ha coinvolto 1.351 soggetti, (operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021, nei tre centri ospedalieri coinvolti nello studio) ai quali è stato prelevato un campione di sangue per l’estrazione del Dna e di siero per la misurazione degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 dopo un mese dalla somministrazione della seconda dose del vaccino Pfizer-Biontech”.
“Con le analisi statistiche effettuate abbiamo scoperto che una particolare regione del genoma, sul cromosoma 6, era significativamente associata ai livelli anticorpali”, afferma invece il primo autore dello studio e assegnista di ricerca presso il Cnr-Itb, Martina Esposito, “In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria. Questi geni sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi, spiegando quindi dal punto di vista genetico le differenze nella risposta alla vaccinazione osservate tra individui diversi”.
“I modelli matematici usati e le analisi statistiche effettuate per arrivare a questi risultati sono molto complessi perché complessa è l’interazione tra i geni e dei geni stessi con il vaccino. L’expertise maturata negli studi genetici in molti anni di ricerca condotta a Casa Sollievo della Sofferenza ci ha permesso di gestire tale complessità nei dati, contribuendo a giungere a questi importanti risultati“, sottolinea Massimiliano Copetti, responsabile Biostatistica della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza.
Infine, specifica il biologo genetista e vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, Massimo Carella, “L’identificazione di specifici alleli Hla che conferiscono una predisposizione ad un’alta o bassa produzione di anticorpi dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid ci può permettere ora di differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili. Questo approccio può essere esteso anche ad altri vaccini ideati contro altre malattie, nell’ottica di una vaccinazione di precisione supportata dalla vaccinogenomica“.
Max