(Adnkronos) – La città di Dnipro ”è diventata un hub umanitario” dove ”sono state accolte 17mila persone, oltre a quelle che sono transitate e sono state aiutate”. Una città dove ”andiamo avanti nonostante le bombe, nonostante le sirene che suonano” per poter aiutare gli sfollati, ”per l’80 per cento si tratta di donne e bambini, di orfani”. Lo racconta all’Adnkronos l’imprenditore bergamasco Nicola B., 46 anni e da tre in Ucraina dove vive insieme alla moglie e alla figlia di 9 anni. Solo 15 giorni fa Nicola aveva preparato la macchina ed era pronto a partire. Insieme alla sua famiglia voleva raggiungere una località dell’Ucraina vicina al confine con la Polonia e l’Ungheria, top secret per motivi di sicurezza, ma ”i russi sparano a vista e al momento è ancora troppo pericoloso spostarsi”, aveva detto.
Da allora, però, Nicola non ha più cercato di partire. Perché ”sono l’ultimo italiano rimasto a Dnipro e mi sono trovato a svolgere un’attività di coordinamento tra le varie associazioni ucraine in città e quelle straniere, italiane e non”. E perché ”si può ragionare con la testa o con il cuore. La testa mi direbbe di partire, ma il cuore mi dice di restare. Non me la sento di abbandonare queste persone”. E si dice convinto che ”c’è sempre una ragione per tutto. Non voglio dire che sono la persona giusta nel posto giusto, ma forse è così. Voglio credere che ci sia un motivo per cui mi sono trovato qui ora”. Al momento, quindi, l’imprenditore bergamasco ha deciso: ”Sì, resto. Poi se la situazione dovesse diventare come a Mariupol, allora saremmo costretti ad andarcene”.
Messa al sicuro la sua casa, con le ”tavole di legno alle finestre”, chiuse ermeticamente ”con lo scotch per evitare che entrino le schegge di qualche ordigno”, Nicola esce e segue “12 punti di raccolta degli sfollati e di smistamento degli aiuti in città”. A Dnipro, una città di un milione e mezzo di abitanti, ”la situazione per ora è abbastanza tranquilla, non siamo Kharkiv insomma, il 70 per cento degli attacchi non colpisce gli obiettivi perché vengono intercettati dalla contraerea ucraina”. Ma ”viviamo sempre con il punto di domanda, senza sapere cosa accadrà, ieri hanno attaccato e colpito obiettivi nella regione”.
”Andiamo avanti, andiamo a prendere gli sfollati, 17mila quelli rimasti in città e tanti altri quelli che hanno scelto altre destinazioni. Portiamo cibo e viveri. Cerchiamo di recuperare quello che c’è bisogno, ora mi sto occupando di reperire dei materassi”, spiega, aggiungendo che ”tutto questo anche se continuano a spararci addosso. Non a me personalmente, ma a chi aiuta sì”. E ”i corridoi umanitari”, dice, ”sono una barzelletta che i russi raccontano ai media. Gli unici che aprono e che funzionano solo quelli diretti verso la Russia”.