(Adnkronos) – “L’Italia può e deve intervenire” per favorire il processo di pace tra Russia e Ucraina. Lo ha dichiarato all’Adnkronos Alessia Melcangi, docente di Relazioni Internazionali e del Medio Oriente alla Sapienza e ricercatrice Ispi, sottolineando “luci e ombre” del ruolo da garante che si prospetta per il nostro Paese.
A favorirlo ci sono “la tradizionale vicinanza alla Russia, una certa consuetudine di rapporti che, nonostante la guerra, non sono del tutto stati spazzati via”, ma anche la “lunghissima tradizione di peacekeeping dell’Italia: siamo un Paese notoriamente capace di mediare tra le parti e siamo molto presenti nelle missioni internazionali, soprattutto quando c’è da fare post conflict, institution building e mediazione”. A questo si aggiunge poi “la componente cattolica, con la sua tradizione di pacifismo molto forte”. Un elemento – sottolinea Melcangi – “che potrebbe dare una certa garanzia a Kiev, ma soprattutto a Mosca, che teme che molti Paesi vogliano continuare la guerra per indebolirla”.
Secondo la ricercatrice a rendere l’Italia un buon mediatore tra le parti ci sono poi il fatto che “siamo meno ingombrati militarmente ed economicamente rispetto ad altri Paesi” e la reputazione del presidente del Consiglio Mario Draghi, “figura riconosciuta e autorevole, grazie alla quale per la prima volta dopo tanti anni godiamo di una considerazione molto forte”.
D’altra parte, però, l’approssimarsi della fine della legislatura rischia di compromettere la credibilità dell’Italia all’estero. “Il file Russia-Ucraina – spiega Melcangi – potrebbe essere usato in campagna elettorale per fini di politica interna e le tensioni all’interno della maggioranza avrebbero un diretto riverbero sull’immagine dell’Italia all’estero, mentre per essere garante la credibilità è fondamentale.
A complicare l’efficacia del ruolo dell’Italia come garante di eventuali accordi di pace c’è poi “una certa debolezza economica: siamo un Paese dalle forti vulnerabilità e siamo esposti con la Russia per gas e petrolio”.
Quanto al rischio di venire coinvolti nel conflitto nel caso di violazione degli accordi di pace, secondo la ricercatrice “qualche timore rimane, ma è comune a tutti i Paesi che fanno da garante. L’interpretazione, quindi, dev’essere chiara fin da subito”.
Prima di istituire i Paesi garanti della neutralità, tuttavia, Kiev e Mosca devono arrivare a un accordo. Una prospettiva che ancora sembra lontana. “I negoziati hanno avuto un andamento molto altalenante. Quando si sembrava prossimi a un possibile accordo, nei fatti si tornava subito indietro. E secondo me molto dipende dalla volontà di Mosca, che è decisamente spiazzata: si aspettava un conflitto veloce ed è rimasta impantanata. Dunque ora ha la necessità di portare a casa qualche cosa”. Improbabile, secondo la ricercatrice, che questo qualcosa possa essere solo una garanzia di neutralità da parte dell’Ucraina, impegnata dal canto suo in “un’operazione di nation building fortissima, che si basa sull’integrità territoriale”.
I negoziati tra le due parti sono dunque complicati, ma secondo Melcangi non saranno compromessi da quanto accaduto nei territori occupati dai russi a nord di Kiev: “I fatti di Bucha avranno un peso, ma non so fino a che punto potranno influenzare quelli che saranno gli accordi, che a mio parere sono comunque ancora distanti”.