(Adnkronos) – “La situazione è estremamente grave. I numeri continuano ad aumentare in modo molto veloce, siamo arrivati a 5.3 milioni di rifugiati, è il dato di oggi. Ma non possiamo dimenticare il fatto che in Ucraina la guerra continua e abbiamo in questo momento più di sette milioni di sfollati che stanno vivendo situazioni drammatiche, e più di 13 milioni di persone bloccate in aree assediate”. Sono i dati che riferisce all’Adnkronos Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, la Santa Sede e San Marino dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.
La zona dell’est dell’Ucraina, dove infuria il conflitto, “è la nostra più grande preoccupazione -dice Cardoletti- Eravamo riusciti con i partner a creare dei corridoi umanitari il 20 di aprile, e già il 21 questo non era più possibile. Ci sono milioni di persone che vivono nelle zone assediate dove non c’è acqua, medicine, cibo, e dove chiaramente le bombe continuano a cadere. Nell’est del Paese la guerra continua ininterrotta, e abbiamo dovuto ridurre lo staff a causa del pericolo estremo. Lì c’è dunque il nostro lavoro più pericoloso, ma anche il più importante”. Da Mariupol al Donetsk, l’attività dell’Unhcr consiste nella distribuzione “di tutta una serie di materiali umanitari, dalle cucine, ai letti, al cibo, è un lavoro molto importante per aiutare queste famiglie a poter sopravvivere in questo periodo così difficile”, spiega il rappresentante dell’agenzia Onu.
“E poi ci sono gli sfollati senza casa, che aiutiamo attraverso contributi in denaro e la ricerca di una collocazione dove si possano rifugiare. La situazione molto seria, ora si spera che molte di queste persone riescano a uscire in modo da poter beneficiare di questi servizi e mettersi al sicuro, ma questo dipende dall’evoluzione del conflitto e da quanto sicure siano le strade per uscire dall’Ucraina”. Al di fuori del Paese “è la Polonia a ricevere il più grande numero dei rifugiati, insieme altri Paesi come la Slovacchia, la Moldavia, l’Ungheria. Questi Paesi si sono comportati non solo in maniera estremamente solidale, ma anche fattivamente concreta in termini di aiuto”, sottolinea la Cardoletti.
Le preoccupazioni maggiori, per cui il rappresentante dell’Unhcr lancia tramite l’AdnKronos un forte allarme, “riguardano il pericolo elevatissimo di abusi e soprusi nei confronti soprattutto di donne e bambini. Si parla di donne, molte sono giovanissime, che si muovono verso questi Paesi separatamente dalla famiglia, e devono fare fronte ad una realtà che non conoscono senza un supporto vero e riferimenti chiari. Sono le vittime ideali di possibili agganciamenti da parte della criminalità organizzata, che vuole sfruttarle lavorativamente o sessualmente”.
“La tratta è il primo pericolo”, spiega il funzionario, “il rischio della messa in condizione di schiavitù di queste persone. Il secondo è che vengano maltrattati o usati nelle case in cui hanno trovato alloggio, diventando vittime di tranelli da parte di approfittatori”.
I
bambini “rischiano di essere rapiti per il traffico di organi. Sono situazioni di vulnerabilità estrema, ecco perché per noi è stato molto importante lavorare con i governi per stabilire dei punti fermi alle frontiere dove questi bambini possano essere ascoltati, aiutati, sia a livello psicologico che legale, e indirizzati”. Sono milioni di persone, “non è facile, è forse l’esodo più importante a cui abbiamo mai assistito in un periodo così breve”, scandisce.
Per quanto riguarda l’Italia “arrivano tantissime donne, c’è una grandissima comunità ucraina. Qui è importante assicurare che queste persone vengano integrate il prima possibile nella società -sottolinea la Cardoletti- Stiamo spingendo perché queste persone siano ascoltate e aiutate per assicurare loro in Italia un’alternativa alla criminalità organizzata. La priorità in questo momento è quella di assicurarsi che queste donne possano accedere ai servizi nella maniera più veloce e semplice possibile, perché sarà l’unico modo di evitare che queste persone facciano la scelta sbagliata”. Si tratta, per lo più, di persone che non vedono l’ora di tornare nella loro terra. “Non ho mai visto un popolo così attaccato alla propria terra -spiega il funzionario- Sono restii all’idea di rendere questo passaggio definitivo. Stanno aspettando solo di tornare. Ma sappiamo tutti che il livello di distruzione è tale e i sistemi utilizzati così complessi, come le mine antiuomo, che non lo renderanno immediato”.
(di Ilaria Floris)