(Adnkronos) – “Noi crediamo che la propaganda russa in questa guerra sia stata il primo passo che ha dato origine a questa tragedia, che sta facendo soffrire l’Ucraina e il mondo intero. Perché se la maggior parte dei giornalisti non accendessero la miccia, la situazione sarebbe diversa. In questi anni, la propaganda di Putin ha immerso le persone in una situazione tossica, dove le persone sono letteralmente intossicate dalle informazioni russe”. E’ il j’accuse lanciato, in un’intervista esclusiva all’Adnkronos, da Serhii Tomilenko, presidente dell’Associazione Nazionale Giornalisti ucraini.
Tomilenko, impegnato 24 ore su 24 a cercare di aiutare i colleghi sul campo, racconta il lavoro dei cronisti di un paese in guerra e non si nasconde dietro a un dito per quanto riguarda l’informazione ucraina: “Ovviamente è vero che le istituzioni governative, il presidente Zelensky, l’ufficio del presidente a noi danno una serie di regole che in un certo senso limitano l’attività giornalistica -ammette- Ma argomentano queste scelte con la sicurezza del Paese. Noi, in ogni caso, ci sentiamo liberi, perché le limitazioni che impone il governo legate alla situazione bellica sono
giustificate. Sono legate al non rivelare al nemico informazioni e dettagli importanti che danneggerebbero l’Ucraina”.
Il presidente dell’Associazione dei Giornalisti ucraini racconta la sua giornata, tra richieste d’aiuto e necessità di garantire sicurezza ai colleghi sul teatro di guerra: “La mia giornata è una linea verde di continue richieste da parte di colleghi che cercano di salvarsi dalle zone più calde, come Mariupol e Donbass -spiega- Ieri, solo per fare un esempio, abbiamo dovuto seguire una collega nella regione di Luhansk, che ha cercato di salvarsi ed è riuscita a scappare. Siamo sempre in continuo contatto con partner internazionali, anche perché molti giornalisti sono rimasti senza casa e sono diventati profughi, sfollati”.
Emotivamente “la situazione dei cronisti è difficile -racconta all’AdnKronos Tomilenko- e molti colleghi cercano di immergersi nel lavoro anche per non pensare a tutto il dolore e la tragedia con cui hanno a che fare di continuo. Si aiutano l’un l’altro”. Molti “necessitano di aiuto psicologico, per quello che stanno vivendo. Presto infatti faremo dei seminari, dei corsi studiati in modo tale che aiutino i colleghi. Ad esempio, mi hanno raccontato di una collega alla quale hanno ucciso il marito. Si sveglia durante la notte, con degli incubi incredibili”.
C’è poi la questione della sicurezza dei colleghi, delle loro attrezzature. “Servono giubbotti antiproiettili, e attrezzature per difendersi”, lancia l’allarme il presidente dei giornalisti ucraini. Che ricorda un episodio che lo ha particolarmente colpito: “Una delle prime richieste arrivateci da una nostra collega di Melitopol, che si trovava al sicuro a Zaporizhzhia. Suo padre si trovava a Melitopol, lo hanno preso in ostaggio tenendolo in un seminterrato e l’hanno costretta a dimettersi dal suo giornale per poterlo rilasciare. Una tattica fascista”.
Tomilenko spende poi una parola sulla polemica che imperversa in Italia e che riguarda la presenza di giornalisti russi nei talk show, che ha scatenato Vigilanza e Copasir. “Io non conosco la polemica italiana nel dettaglio, ma dal mio punto di vista ritengo giusto che si limitino le presenze dei giornalisti propagandisti russi nelle tv -affonda Tomilenko- anche perché loro sfruttano questa possibilità per far sì che la guerra si incendi ancora di più e sono strumento del governo nel fare propaganda cercando di indebolire la società europea”. Tomilenko ringrazia poi i media italiani ed europei: “Vorrei ringraziare per l’attenzione mediatica che c’è nel mondo e lo sforzo di mostrare al mondo questa guerra ingiusta. Crediamo che la copertura obiettiva dell’informazione possa aiutare a finire questa guerra, anche attraverso l’unione dei giornalisti in tutto il mondo”.