(Adnkronos) – “Lo scisma tra il patriarcato di Mosca e Kiev e il riconoscimento della chiesa ucraina da parte del patriarcato di Costantinopoli nel 2019 sono stati un colpo durissimo per la chiesa ortodossa russa che con Mosca ne è uscita indebolita al punto da contribuire all’innesco di una delle scintille che hanno acceso l’invasione di questi giorni “. Così Alessandro Monteduro, direttore per l’Italia della Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, guarda al conflitto in Ucraina e grazie al contatto diretto e costante con le comunità religiose sul posto all’Adnkronos riferisce: “Paradossalmente in Ucraina orientale, con riferimento alla Crimea e alle due autoproclamate repubbliche del Donetsk e di Luhansk, in questi ultimi 7 giorni c’è maggiore tranquillità. Hanno sofferto dal 2014 a causa delle gravi limitazioni alla libertà religiosa, ma adesso non è quella l’area che soffre. A soffrire adesso sono tutte le grandi aree metropolitane. Escludendo quelle più occidentali al confine con la Polonia e la Romania. In condizioni drammatiche sono Kiev, Odessa, Kharkiv e Mariupol”.
Secondo il direttore della Fondazione, “la situazione non distingue tra religiosi e laici in questo momento. Non credo che la bomba al memoriale della Shoah sia stato un fatto voluto, gli invasori da dieci ad uno non ne avrebbero alcun beneficio tanto più che gli israeliani si sono posti come mediatori fra le parti in conflitto. Purtroppo non c’è logicità nei bombardamenti ed adesso il dramma della guerra coinvolge tutti, in ogni area del Paese. Tanto che è enorme lo sforzo profuso dalla chiesa greco-cattolica e dalla chiesa latina (che annoverano 4879 religiosi, 1350 suore complessivamente): Monasteri e parrocchie accolgono chi non ha luogo in cui sentirsi protetto. Essendo strutture comunitarie, c’è una condivisione di scorte e viveri, dunque c’è vicinanza anche materiale nella preghiera, veri e propri momenti di fede e devozionali nei bunker dove si celebra la Santa Messa”.
Funzioni religiosi a rischio a seconda dell’esito del conflitto? “Sì, in particolare per la chiesa ortodossa ucraina, greco cattolica ucraina, per i cristiani protestanti e i testimoni di Geova. Secondo il rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa – prosegue – le violazioni della libertà religiosa nel Donbass hanno incluso detenzioni, imprigionamenti, torture, confische di proprietà, aggressioni fisiche, minacce, atti di vandalismo, restrizioni ad attività missionarie a funzioni religiose, raduni, cerimonie”. La causa primaria? “E’ la separazione tra chiesa e stato: in Russia non c’è, dunque non è garantita quella volta di libertà. Se la costituzione ucraina sancisce chiaramente la libertà di religione e culto e la separazione fra chiesa e stato, nella costituzione del 16 maggio 2014 della repubblica popolare del Donetsk si specifica che la religione dominante è il cristianesimo ortodosso facente capo al patriarcato di Mosca”, risponde.
“Credo infatti – prosegue – che nella chiesa ortodossa russa si stiano vivendo momenti di forte imbarazzo in questi giorni
: inevitabilmente non si può essere favorevoli al conflitto, ma vi è la difficoltà di rappresentarlo in modo esplicito e perentorio,
per la difficoltà di considerare separato dallo stato il patriarcato di Mosca”. Torna alla mente il re d’Inghilterra Enrico VIII? ”
Sostanzialmente sì – risponde – Ci fu una separazione da una chiesa dominante, ci fu uno scisma che portò alla nascita della chiesa anglicana con la conseguente modifica dell’asset geopolitico mondiale”. E adesso? “La comunità cristiano ortodossa mondiale è fatta di 220mln fedeli, 140mln dei quali russi ed ucraini. In Ucraina in 30mln non si riconoscono più nel patriarcato di Mosca. Abbiamo assistito ad una volontà popolare ad essere filo occidentali nel 2014. L’indipendenza ecclesiastica, paragonabile al desiderio di adesione all’Ue o alla Nato, cioè all’indipendenza dalla Federazione russa, si è manifestata ancora prima del desiderio di quella politica, nel 2018.
E’ come se un esercito avesse lasciato la propria comunità, come se avesse disertato proclamando l’autocefalia”.
(di Roberta Lanzara)