(Adnkronos) – Dalle mascherine ai giubbotti anti proiettile, divenuti gli oggetti most wanted in Ucraina da Kiev a Mariupol. “Sono un fotografo inglese. Sto cercando un giubbotto anti proiettile da affittare o comprare a Lviv. Fatemi sapere dove trovarlo”. E’ uno dei frequenti messaggi che si legge in una chat dei reporter di guerra impegnati in Ucraina. “I giornalisti che ne fanno richiesta devono attendere almeno una settimana per riuscire ad averli. Io li metto in contatto con chi può recepire gli ordini. Ma a meno di 500 euro sono introvabili”, racconta all’Adnkronos un fixer di Kiev, problem solver delle richieste dei giornalisti al fronte, in questi giorni ad Ivano Frankivsk. “In tempi di pace i giubbotti anti proiettile erano molto meno costosi, ma adesso vanno ritirati all’estero perché la nostra produzione è limitata e la consegna non sempre è veloce”, spiega. “Mi chiedo perché i media esteri non vengano già equipaggiati con questo tipo di attrezzature”.
Sollecitazione consona alla enorme richiesta di giubbotti anti-proiettile, come anche elmetti, vesti tattiche, termoscopi, armature, scudi che oltre che dai reporter arriva dal fronte, forze militari e paramilitari, dalle organizzazioni non governative, dal personale sanitario operativo nelle aree più calde del Paese e dai civili, che ne hanno bisogno per proteggersi, esattamente come avvenuto con il covid per le mascherine. “Ne servirebbero milioni”, dice all’Adnkronos Michael, nome fittizio di un diciannovenne ‘arruolato’ in una organizzazione di volontari ucraini e stranieri, nelle cui fila c’è anche un italiano, che clandestinamente importa equipaggiamenti non letali in Ucraina con macchine aventi targhe straniere guidate da autisti con passaporti europei.
“Importiamo tutto ciò che è legale in Ucraina senza il permesso speciale del governo. Dobbiamo farlo per rispondere con velocità alle richieste perché la gente sta morendo, altrimenti i tempi alla dogana sarebbero troppo lunghi. Siamo pronti ad andare in prigione per questo. Lo facciamo per il nostro Paese. Meglio essere rinchiusi in un carcere ucraino che in quello di un paese occupato”, afferma.
Come siete organizzati? “Siamo circa un migliaio di volontari, divisi per gruppi. Il trasporto di equipaggiamenti non letali viene gestito in piccole quantità distribuite tra i veicoli che sono carichi di altri aiuti, come cibo e medicinali. Mille vesti tattiche non passano, ma 5 sì. Così riusciamo a superare il confine, dove certo ci controllano ma non così bene…”. E i costi? “Sono elevatissimi, ma non perché noi ci guadagniamo. Vendiamo al prezzo a cui compriamo, solo un paio di organizzazioni ci specula: Le vesti tattiche sono di vario genere e oscillano dai 350 ai 700 dollari, un minimo di 500 per i giubbotti anti proiettile, gli elmetti costano circa 300 dollari, i termoscopi da 750 a 1500. Ad oggi abbiamo complessivamente con gli altri gruppi 1500-2000 giubbotti anti proiettile, circa 300 elmetti, 500 termoscopi. Ma vorrei precisare un punto: vendiamo dando priorità assoluta ai militari”.
Ai medici al fronte ci pensano soprattutto le organizzazioni non governative in prima linea sul tema: “Oggi abbiamo ricevuto una notizia incredibile, abbiamo ricevuto 6mila giubbotti anti proiettile per proteggere i medici, gli autisti di ambulanze e chiunque altro abbia bisogno di protezione personale in questo momento pericoloso”, annuncia sulla sua pagina Facebook una delle più grosse Ong del Paese, 100% Life. E i civili? “Nulla al momento. Anche perché è difficile che possano affrontare spese di questo tipo”, conclude il fixer.
Il Decreto Ucraina all’esame del Senato ha previsto la possibilità per giornalisti, fotoreporter e operatori che dovranno andare a lavorare in Ucraina di acquistare anche senza il porto d’armi, in deroga ai divieti in vigore in Italia, equipaggiamenti non letali. Stabilita anche la cessione gratuita all’Ucraina fino al 31 dicembre.
(di Roberta Lanzara)