Ucraina: il pianto di Nastya, 2 anni, salva grazie ad un giaciglio di coperte nel teatro di Mariupol

(Adnkronos) – Basta ascoltare il pianto sconsolato e le grida disperate di Nastya, bimba di due anni sopravvissuta al bombardamento del teatro di Mariupol grazie alle coperte di un giaciglio, in cui riposava completamente avvolta per ripararsi dal freddo, per capire senza bisogno d’altro la tragedia delle vittime, la disperazione della guerra e dei suoi sopravvissuti. Durante l’intervista della mamma, Vktoriia Dubovitskaya, fuggita il 16 marzo da Mariupol verso Lviv con la piccola Nastya ed il fratellino Artyom, di sei anni, quando Vktoriia ha iniziato a ricordare e descrivere l’esplosione del teatro in cui era rifugiata con i suoi figli, l’Adnkronos ha dovuto interrompere la conversazione. I ricordi della mamma cadevano su Nastya come bombe e macerie intollerabili. Il pianto era accorato, le grida fuori controllo. Quindi la volontaria ucraina che al telefono faceva da interprete, ascoltando la mamma e la piccolina è intervenuta ed ha parlato con Nastya. Che si è calmata, tra i singhiozzi. E la testimonianza della donna poi è stata raccolta. 

La nuova vita di Nastya, Artyom, Vktoriia comincia nel teatro di Mariupol, “per un caso del destino. Come la guerra, di cui ho saputo dalla mia vicina di casa. Non eravamo pronti. Nessuno era preparato, il 90 per cento delle persone non si aspettava questo orrore – racconta – Non abbiamo avuto il tempo di preparare un rifugio, scorte di cibo, d’acqua. Io e la mia famiglia vivevamo in un piccolo appartamento, che adesso non esiste più. Il palazzo era senza seminterrato, dunque durante i bombardamenti nascondevo i bambini nel bagno che non ha finestre. Poi ci siamo trasferiti da amici. Anche lì abbiamo messo i bambini a dormire in bagno fino al 5 marzo, quando mio marito ci ha chiamati e detto di andare al teatro, da cui saremmo stati evacuati”. 

“Siamo arrivati, c’erano almeno un migliaio di persone. Ma l’evacuazione non c’è stata”. Da questo momento inizia la nuova vita di Vktoriia, mamma sola con i suoi bambini. “Ho cercato rifugio nel teatro, era impossibile entrare nel seminterrato, pienissimo. La struttura era stracolma di gente riversata anche nei corridoi, nei camerini, persino sul palcoscenico. Ci siamo sistemati in un corridoio. A terra. Il freddo era insopportabile”. Il cibo scarseggiava e veniva distribuito ai bambini “a parte un giorno in cui soldati del battaglione Azov ci hanno portato qualche cosa in più”, ricorda. Niente acqua per lavarsi, solo un serbatoio di liquido marrone utilizzato per scaricare in bagno. Intanto la piccola Nastya si ammala, un medico le diagnostica una polmonite e le fa cominciare una cura con antibiotici. Mentre una guardia impietosita li sposta dal corridoio in una stanza al secondo piano. “Le mura erano adiacenti al palcoscenico”, precisa la donna. 

Tre giorni di cure per la piccola e l’esplosione. Vktoriia perde il senso del tempo. “Eravamo nella stanza al secondo piano quando un missile ha colpito il palcoscenico del teatro – ricorda – Le mura si sono disintegrate, sono stata sbattuta dall’altro lato della stanza. Ho sentito la voce di Artyom e del suo amico, ma non sentivo Nastya”. Ferita, Vktoriia comincia a scavare tra le macerie, chiede aiuto. Ma intorno a lei sente nomi, pianti, vede gente aggirarsi sotto choc, disorientata. Corpi dilaniati, sangue. “Ho capito che nessuno poteva aiutarmi. Ho cominciato a scavare….”. Poi una vocina: “mamma”. “Mia figlia era viva”, dice all’Adnkronos. La donna scava nel punto da cui sembrava provenire il suono e trova la bambina. Il corpicino integro grazie al giaciglio di coperte in cui era avvolta per proteggersi dal freddo. “Siamo scappati, perché ci aspettavamo altri bombardamenti. Con noi c’era l’amico di mio figlio. Ho cercato ovunque i genitori, senza trovarli. Dunque lo ho lasciato con una guardia”. 

In fuga alla ricerca di un rifugio, “finché ci ha trovati mio marito in una scuola ed una donna con la sua auto ci ha portati a Zaporizhizhia. Era venuta per recuperare il figlio. Siamo stati fortunati”, commenta. Da lì la famiglia è andata a Lviv. “Cerchiamo un luogo in cui stare nei dintorni. La nostra casa e quella di mia suocera sono completamente distrutte. Attendiamo che mio marito possa lasciare il paese per trasferirci in Polonia, lavorare, mettere da parte ciò che ci occorre per tornare e ricostruire la nostra casa”, afferma. E i bambini come stanno adesso? “Nastya è guarita. Il fratello ha una forma di denutrizione, il medico ha prescritto una cura ricostituente….Ma – conclude – Hanno paura delle sirene….”. 

(di Roberta Lanzara)