(Adnkronos) – A un mese dall’inizio del conflitto in Ucraina la stima dei danni legati alla filiera tessile abbigliamento e calzature italiani è ancora difficile da quantificare ma nel lungo periodo “l’industria italiana è in grado di reggere il colpo”. A dirlo all’Adnkronos è Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda, la Federazione che riunisce le imprese e le associazioni del settore tessile moda e dell’accessorio, tracciando un bilancio del settore. “Al momento non sono ancora disponibili dati ufficiali – avverte Marcolin -. Il mercato verso Russia e Ucraina è pressoché fermo e dai distretti maggiormente esposti verso queste aree sono pervenute segnalazioni allarmanti. Dopo l’emergenza sanitaria è un ulteriore duro colpo per le imprese”.
“Difficile”, per Marcolin, fare valutazioni complete sugli effetti sul settore nel medio-lungo periodo ma se il conflitto dovesse prolungarsi fino a fine 2022 e le sanzioni restare in vigore “considerando che il mercato russo pesa per il 2,2% la nostra industria complessivamente è in grado di reggere il colpo” dice. Sarà necessario, però, “supportare i distretti più in difficoltà, perché alcuni comparti più esposti verso la Russia soffriranno più di altri – avverte Marcolin -. Se il conflitto dovesse prolungarsi il disastro sarebbe indubbiamente umanitario prima che economico e, quindi, riteniamo che le sanzioni non solo siano giuste, ma anche necessarie. Al netto di questo, le principali preoccupazioni economiche sono legate alle problematiche indirette, come il balzo dei costi di materie prime e dell’energia, problemi antecedenti al conflitto e che quest’ultimo ha solo aggravato. Oltre al noto problema energetico, infatti, sussiste un grande problema di materie prime che coinvolge in particolare l’oreficeria, il tessile e la concia”.
Per l’oreficeria, ad esempio, la Russia risulta il secondo fornitore di palladio per l’Italia, il terzo di platino e l’ottavo di oro. Per il tessile, spiega il numero uno di Confindustria Moda, potrebbero insorgere problematiche per il lino che viene coltivato lì e per le forniture di prodotti chimici ausiliari. Per la concia, l’Ucraina si posiziona al decimo posto tra i principali fornitori di pelli semilavorate alle concerie italiane. “In tale contesto, i nostri principali concorrenti extra-Ue avranno maggiore disponibilità di materia prima e si avvantaggeranno commercialmente delle conseguenze economiche del conflitto – fa notare Marcolin – con conseguente perdita di quote di mercato per le imprese del Tma nazionale. Servirà una strategia concertata a 360° anche con l’Unione Europea per affrontare al meglio questa situazione”.
Quanto all’export paralizzato verso la Russia, il settore rappresentato da Confindustria Moda “è molto diversificato al suo interno” afferma Marcolin. Nel complesso, prima della pandemia, il mercato russo e quello ucraino rappresentavano per l’export italiano un valore rispettivamente di 1,5 miliardi e di 250 milioni di euro, in un settore che valeva complessivamente circa 98 miliardi. Nel 2021, dopo il crollo del 2020, l’export in entrambi i mercati era in forte ripresa, segnando un trend del +17,8% in Russia e del +23.3% in Ucraina.
“Fra le sette associazioni che sono confederate in Confindustria Moda, alcune sono colpite più duramente di altre – sottolinea Marcolin -. Parlo ovviamente del calzaturiero in primo luogo, ma anche del tessile e della pelletteria, per cui infatti sono state avviate contrattazioni con il ministero del Lavoro e con i sindacati per poter accedere a sussidi e ad una cassa integrazione agevolata come quella per il Covid. Nel complesso, per l’industria del Tessile, Moda e Accessorio, la Russia vale il 2,2% complessivo dell’export, mentre l’Ucraina lo 0,4%”.
Anche le aree limitrofe alla Russia “rappresentano per l’industria del Tessile, Moda e Accessorio mercati di rilevanza assimilabile a quella del mercato russo – aggiunge Marcolin -. La Polonia, ad esempio, pesa per il 2,1% dell’export del nostro settore, segnando nel 2021 una dinamica ripresa del +35% rispetto al 2020, superando anche i numeri pre pandemia. Anche la Romania è un mercato di rilievo, che vale il 2% dell’export del Tma e ha segnato lo scorso anno una ripresa positiva del +12,1%. Questi mercati giocano un ruolo particolarmente strategico per il settore della concia, per cui la Romania è il secondo paese per valore di export e la Polonia il nono. Ma anche il calzaturiero e la pelletteria avevano registrato importanti rialzi di export nel 2021 verso la Polonia, mentre l’oreficeria e il tessile li avevano registrati verso la Romania”.
A preoccupare maggiormente il settore sono anche eventuali ritorsioni legate al gas. “È proprio su questo aspetto che si concentrano le principali preoccupazioni del settore, come dell’economia in generale – spiega Marcolin -. L’esplosione dei costi dell’energia, che per la verità si registrava già molto prima del conflitto, colpisce trasversalmente tutte le imprese, mettendo in crisi specialmente le aziende più energivore a monte della filiera. Ma bisogna anche considerare tutti i costi indiretti che colpiscono le imprese, come quelli legati alla logistica dovuti fra l’altro all’aumento del costo del carburante, che sulle piccole e medie imprese che compongono l’industria del Tessile, Moda e Accessorio diventano difficili da sostenere. Riversare infatti i costi a valle non può essere l’unica soluzione, perché l’aumento complessivo dei prezzi rischia dii comportare una contrazione dei consumi, portando quindi alla recessione”.
Per affrontare questa situazione, conclude Marcolin, ci sono diverse strade. “Sicuramente l’imposizione da parte del governo di un tetto ai prezzi è una prima possibile soluzione da prendere in considerazione – dice – così come gli interventi fiscali che sono già stati messi in atto ma che, ad ora, non risultano sufficienti. Ma la vera sfida è accelerare sulla transizione green, implementando soluzioni che permettano alle imprese di produrre energia in maniera sostenibile e indipendente, che si affianca all’elaborazione di una strategia energetica a 360° che coinvolga l’intero sistema-Paese e tutta l’Ue”.