(Adnkronos) – Bocciata dal Tribunale Ue, che con la Corte di giustizia fa parte della Corte europea, la richiesta di sospensione cautelare in via d’urgenza avanzata dall’oligarca Alisher Usmanov contro l’esecuzione della decisione del Consiglio dell’Unione europea di misure restrittive e sanzioni individuate dall’Ue in difesa dell’integrità territoriale, indipendenza e sovranità dell’Ucraina. L’ordinanza del Tribunale, pubblicata lo scorso 27 giugno, respinge la richiesta di revoca dell’inserimento di Usmanov nell’elenco dei cittadini russi destinatari di provvedimenti di congelamento di beni e blocco di attività legate a filiali proprietà di una holding. L’azione legale dell’oligarca ha tentato di impedire “…le conseguenze delle misure restrittive controverse sulla solidità finanziaria di tre filiali di proprietà di una holding…”, come si legge al punto 54 dell’Ordinanza. Ma “è chiaro che in caso di revoca dell’inserimento nell’elenco, l’oligarca avrebbe potuto domandare la revoca della misura di congelamento del mega yacht Dilbar” sequestrato ad Amburgo, spiega all’Adnkronos Giuseppe Loffreda, giurista esperto in diritto della navigazione e partner fondatore dello studio Legal4Transport.
Tra le ragioni addotte dalla Corte, il fatto che Usmanov, rappresentato da J. Grand d’Esnon, non abbia dimostrato né la gravita né l’irrimediabilità del danno conseguente al permanere nell’elenco dei paesi, persone, gruppi ed entità sottoposti a sanzioni dall’Unione europea in base alla decisione 2022/337 adottata dal Consiglio il 28 febbraio 2022. Il danno conseguente ai congelamenti secondo il Tribunale è infatti quantificabile e riparabile: “…in caso di domanda di sospensione dell’esecuzione di un atto dell’Unione – si legge al punto 42 dell’Ordinanza – la concessione del provvedimento cautelare richiesto è giustificata solo se l’atto in questione costituisce la causa determinante il presunto danno grave e irreparabile”. “…Dalle memorie del ricorrente – prosegue al punto 44 – non risulta che, data la natura e le modalità prevedibili del verificarsi del suo danno, quest’ultimo non possa essere identificato e quantificato in modo adeguato se si verifica e che, in pratica, un’azione risarcitoria non può quindi consentire di rimediarvi…Al contrario, la ricorrente presenta una serie di elementi contabili che consentono, prima facie, non solo l’identificazione, ma anche la quantificazione di tale danno in modo adeguato…”.
“…Ne consegue che il ricorrente non ha dimostrato né la gravità né l’irreparabilità del danno asserito (punto 46 – ndr)…e non ha dimostrato che la condizione relativa all’urgenza fosse soddisfatta (punto 47 – ndr)”, sancisce la Corte che si sofferma anche sulla valutazione della questione legata al bilanciamento degli interessi coinvolti, affrontata dal punto 48. “Guardando all’equilibrio degli interessi la Corte sancisce che è molto più grave la guerra”, commenta Loffreda, “…poiché le misure restrittive in questione mirano a contrastare efficacemente la capacità della Russia di continuare l’aggressione subita dall’Ucraina, l’immediata sospensione degli atti impugnati rischierebbe di compromettere il perseguimento da parte dell’Unione degli obiettivi, in particolare pacifici…” individuati, come affermato al punto 53. La Corte rileva infine che le misure restrittive “…sono, per loro natura, reversibili e limitate nel tempo…”, pertanto “nell’ipotesi in cui il ricorrente vincesse la sua causa annullando gli atti impugnati nel giudizio di merito, il danno che avrebbe eventualmente subito ai suoi interessi può essere oggetto di valutazione e successiva riparazione o indennizzo”.
(di Roberta Lanzara)