(Adnkronos) – Fili spinati e trincee. Nel cuore di Odessa la guerra non è poi così lontana. “La città è militarizzata, ci sono soldati ovunque”. Tiziano Schiena è un attivista di Mediterranea Saving Humans e nella cittadina che si affaccia sul Mar Nero è arrivato due giorni fa. “Per una ricognizione e perlustrazione in vista di future operazioni umanitarie”, spiega all’Adnkronos. In Ucraina è giunto dopo una doppia sosta: in Romania e in Moldavia. “Siamo partiti lo scorso 8 marzo”. Prime tappe a Iași, Sculeni, Albița, Siret, Suceava, Piatra Neamț, in Romania. “Lì non si respira un clima di paura – dice -. Alla stazione dei treni sventolano le bandiere dell’Ucraina e i profughi attendono con pazienza di poter partire: donne e bimbi, nel 95 per cento dei casi”. Un tappeto di carrozzine. I treni gratuiti portano chi fugge dalla guerra in salvo nel resto d’Europa. Qualcuno si organizza con mezzi privati. “Anche qui, come a Leopoli, abbiamo sentito di gente costretta a pagare sino a 200 euro a viaggio, bambini compresi, per attraversare il confine”.
“La macchina dell’accoglienza funziona. In Romania, come in Moldavia, ci sono organizzazioni umanitarie da ogni parte del mondo”, racconta Tiziano. Nei centri di accoglienza si lavora a pieno ritmo. “C’è il massimo impegno e nessun tipo di discriminazione tra neri e bianchi. Tutti coloro che sono in fuga vengono accolti”. Lasciate alle spalle Chișinău, Palanca, Tudora, da due giorni l’attivista di Mediterranea è a Odessa. Attraversare il confine non è stato facile. “La prima cosa che noti – dice – sono i check point dei militari ucraini. Ogni 10-15 chilometri ce n’è uno: ti chiedono i documenti, controllano da dove arrivi e il motivo per cui sei qui”. Lungo il percorso case abbandonate e negozi chiusi. “Di aperto c’era solo qualche supermarket e stazione di benzina”. Il centro di Odessa è ‘recintato’. “Ci sono postazioni di trincea con sacchi di sabbia, blocchi di cemento e filo spinato. In quest’area si entra solo con i documenti e un permesso, una sorta di lasciapassare, rilasciato dall’hotel. Si respira un clima di guerra”.
Il suo albergo è proprio accanto al Teatro nazionale. “Ci siamo spostati qui perché quello in cui avevamo prenotato si trovava in una zona che è stata completamente chiusa: è più esposta al mare e si teme che da lì possano arrivare più facilmente gli attacchi russi”. Le strade sono deserte. “In giro qui in centro non vedi quasi nessuno”. In lontananza si sentono le sirene anti aeree. “Ieri vicino Odessa c’è stato un attacco missilistico”. Cosa succederà nei prossimi giorni è difficile prevederlo. “Prima di arrivare qui avevo l’impressione che la storia sulla resistenza fosse un po’ enfatizzata dai media – ammette Tiziano -. Solo adesso mi rendo conto che sbagliavo. Questo popolo è sotto assedio, per loro non c’è alternativa. Nessuno qui sembra disposto ad arrendersi. Non chiedono la pace a ogni costo, quantomeno non al costo della libertà. L’invasione russa non ha fatto altro che unirli ancora di più e quello che colpisce è proprio il loro orgoglio”. Nei prossimi giorni l’attivista di Mediterranea tornerà in Italia. “Da qui andrò via con una consapevolezza: c’è tantissimo da fare, bisogna continuare a dare una mano e occorre anche iniziare a ragionare in termini di ricostruzione. Perché siamo davanti a una crisi umanitaria senza precedenti…”. (di Rossana Lo Castro)