(Adnkronos) – “Nel tentativo di respingere l’invasione russa iniziata a febbraio, le forze ucraine hanno messo in pericolo la popolazione civile collocando basi e usando armamenti all’interno di centri abitati, anche in scuole e ospedali. Queste tattiche violano il diritto internazionale umanitario perché trasformano obiettivi civili in obiettivi militari. Gli attacchi russi che sono seguiti hanno ucciso civili e distrutto infrastrutture civili”. E’ quanto ha dichiarato Amnesty International al termine di una ricerca durata diverse settimane, tra aprile e luglio, nelle regioni di Kharkiv, del Donbass e di Mykolaiv.
“L’organizzazione – si legge – ha visitato luoghi colpiti dagli attacchi, ha intervistato sopravvissuti, testimoni e familiari di vittime, ha analizzato le armi usate e ha svolto ulteriori ricerche da remoto. I ricercatori di Amnesty International hanno riscontrato prove che le forze ucraine hanno lanciato attacchi da centri abitati, a volte dall’interno di edifici civili, in 19 città e villaggi. Per convalidare ulteriormente queste prove, il Crisis Evidence Lab dell’organizzazione per i diritti umani si è servito di immagini satellitari”.
“La maggior parte dei centri abitati dove si trovavano i soldati ucraini era a chilometri di distanza dalle linee del fronte e dunque – aggiunge il comunicato – ci sarebbero state alternative che avrebbero potuto evitare di mettere in pericolo la popolazione civile. Amnesty International non è a conoscenza di casi in cui l’esercito ucraino che si era installato in edifici civili all’interno dei centri abitati abbia chiesto ai residenti di evacuare i palazzi circostanti o abbia fornito assistenza nel farlo. In questo modo è venuto meno al dovere di prendere tutte le possibili precauzioni per proteggere le popolazioni civili”.
“Sopravvissuti e testimoni degli attacchi russi nelle regioni di Kharkiv, del Donbass e di Mykolaiv hanno riferito ai ricercatori di Amnesty International che l’esercito ucraino era operativo – prosegue la nota – nei pressi delle loro abitazioni e che in questo modo ha esposto la popolazione civile alle rappresaglie delle forze russe”.
“I soldati stavano in una casa accanto alla nostra e mio figlio andava spesso da loro a portare del cibo. L’ho supplicato diverse volte di stare lontano, avevo paura per lui. Il pomeriggio dell’attacco io ero in casa e lui in cortile. E’ morto subito, il suo corpo è stato fatto a pezzi. Il nostro appartamento è stato parzialmente distrutto”, ha dichiarato la madre di un uomo di 50 anni ucciso da un attacco russo il 10 giugno in un villaggio a sud di Mykolaiv. Nell’appartamento dove, secondo la donna, avevano stazionato i soldati ucraini Amnesty International ha rinvenuto equipaggiamento e divise militari. “Io non capisco il motivo per cui i nostri soldati sparano dalle città e non dai campi”, è la testimonianza di Mykola, che vive in un palazzo di Lysychansk, nel Donbass, più volte centrato dagli attacchi russi. “C’è attività militare qui nel quartiere. Quando c’è fuoco in uscita, subito dopo c’è fuoco in entrata”, è la testimonianza di un uomo residente nella stessa zona.
“A Lysychansk – prosegue il comunicato – i ricercatori di Amnesty International hanno visto soldati in un palazzo a 20 metri di distanza dall’entrata di un rifugio sotterraneo usato dagli abitanti e dove un anziano è stato ucciso. In una città del Donbass, il 6 maggio, le forze russe hanno colpito con le bombe a grappolo (vietate dal diritto internazionale e inerentemente indiscriminate) un quartiere di case per lo più a un piano o a due piani dove era in funzione l’artiglieria ucraina. I frammenti delle bombe a grappolo hanno danneggiato l’abitazione dove Anna, 70 anni, vive con la madre novantacinquenne”. “Le schegge sono passate attraverso la porta. Io ero dentro casa. L’artiglieria ucraina si trovava nei pressi del mio giardino. I soldati erano dietro al giardino e dietro la casa. Da quando la guerra è iniziata li ho visti andare e tornare. Mia madre è paralizzata, per noi è impossibile fuggire”.
“All’inizio di luglio, nella regione di Mykolaiv, un contadino è rimasto ferito nell’attacco delle forze russe contro un deposito di grano. Ore dopo l’attacco – prosegue il comunicato – i ricercatori di Amnesty International hanno notato la presenza di soldati ucraini e di veicoli militari nella zona del deposito. Testimoni oculari hanno confermato che quella struttura, situata lungo la strada che porta a una fattoria dove persone vivono e lavorano, era stata usata dalle forze ucraine. Mentre i ricercatori di Amnesty International stavano esaminando i danni arrecati a palazzi e ad altre strutture civili nelle regioni di Kharkiv, del Donbass e di Mykolaiv, hanno udito spari provenienti dalle postazioni ucraine situate nelle vicinanze”.
“A Bakhmut – prosegue la nota – molte testimonianze hanno parlato di un edificio usato dai soldati ucraini e situato a neanche 20 metri di distanza da un palazzo a più piani. Il 18 maggio un missile russo ha colpito il palazzo distruggendo parzialmente cinque appartamenti e danneggiando edifici vicini. Tre abitanti hanno riferito che prima dell’attacco delle forze russe, quelle ucraine avevano utilizzato un edificio dall’altra parte della strada e che due camion dell’esercito ucraino erano parcheggiati di fronte a un’abitazione rimasta danneggiata dal missile. I ricercatori di Amnesty International hanno rinvenuto tracce, all’interno e all’esterno dell’edificio, della presenza dei soldati ucraini, tra cui sacchi di sabbia, pezzi di plastica nera per coprire le finestre e nuovi kit di pronto soccorso di manifattura statunitense”. “Non ci è permesso dire nulla su cosa fa l’esercito, ma siamo noi a pagare le conseguenze”, ha detto ad Amnesty International un sopravvissuto all’attacco.
“In cinque diverse località, i ricercatori di Amnesty International hanno visto le forze ucraine usare gli ospedali come basi militari. In due città – si legge ancora nel comunicato – decine di soldati stavano riposando, passeggiando o mangiando all’interno di strutture ospedaliere e in un’altra città i soldati stavano sparando nei pressi di un ospedale. Il 28 aprile un attacco aereo russo ha ucciso due impiegati di un laboratorio medico alla periferia di Kharkiv dopo che le forze ucraine avevano installato una base nelle immediate adiacenze. Usare gli ospedali a scopi militari è un’evidente violazione del diritto internazionale umanitario”.
“L’esercito ucraino – prosegue la nota – colloca abitualmente le sue basi all’interno delle scuole dei villaggi e delle città del Donbass e della regione di Mykolaiv. Le scuole sono temporaneamente chiuse ma molte sono situate vicino a insediamenti urbani. In 22 delle 29 scuole visitate, i ricercatori di Amnesty International hanno trovato soldati o rinvenuto prove delle loro attività, in corso al momento della visita o precedenti: tenute da combattimento, contenitori di munizioni, razioni di cibo e veicoli militari. Le forze russe hanno colpito molte delle scuole usate dall’esercito ucraino. In almeno tre città, dopo i bombardamenti russi, i soldati ucraini si sono trasferiti in altre scuole, mettendo ulteriormente in pericolo i civili”.
“In una città a est di Odessa, Amnesty International ha notato in molte occasioni i soldati ucraini usare aree civili per alloggiare e fare addestramento, tra cui due scuole situate in zone densamente popolate – si legge – Tra aprile e giugno gli attacchi russi contro le scuole della zona hanno causato diversi morti e feriti. Il 28 giugno un bambino e un’anziana sono stati uccisi nella loro abitazione, colpita da un razzo. A Bakhmut, il 21 maggio, un attacco delle forze russe ha colpito un edificio universitario usato come base militare dalle forze ucraine uccidendo sette soldati. L’università è adiacente a un palazzo a più piani, danneggiato nell’attacco insieme ad altre abitazioni civili a non più di 50 metri di distanza. I ricercatori di Amnesty International hanno visto la carcassa di un veicolo militare nel cortile dell’università bombardata”.
“Il diritto internazionale umanitario non vieta espressamente alle parti in conflitto di installarsi in scuole dove non sono in corso lezioni – si sottolinea – Tuttavia, le forze armate devono evitare di usare scuole situate nei pressi di insediamenti civili, salvo quando non vi sia un’urgente necessità di tipo militare. Anche in questo caso, devono avvisare i civili e se necessario assisterli nell’evacuazione, cosa che nei casi esaminati da Amnesty International non pare si sia verificata. I conflitti armati pregiudicano gravemente il diritto all’istruzione. Inoltre, l’uso a scopo militare delle scuole può dar luogo a distruzioni che, a guerra finita, possono continuare a negare quel diritto. L’Ucraina è uno dei 114 stati che hanno sottoscritto la Dichiarazione sulle scuole sicure, un accordo che intende proteggere l’istruzione durante i conflitti armati e che prevede l’utilizzo di scuole abbandonate o evacuate solo quando non vi siano alternative praticabili”.
“Molti degli attacchi delle forze russe documentati da Amnesty International nei mesi scorsi sono stati portati a termine mediante l’uso di armi inerentemente indiscriminate, come le bombe a grappolo che sono messe al bando a livello internazionale, o di armi esplosive che producono effetti su larga scala – prosegue il comunicato – Altri attacchi sono stati condotti con armi guidate con vari livelli di precisione che, in alcuni casi, hanno effettivamente colpito il bersaglio designato. La tattica delle forze ucraine di collocare obiettivi militari all’interno dei centri abitati non giustifica in alcun modo attacchi indiscriminati da parte russa. Tutte le parti in conflitto devono sempre distinguere tra obiettivi militari e obiettivi civili e prendere tutte le precauzioni possibili, anche nella scelta delle armi da usare, per ridurre al minimo i danni ai civili. Gli attacchi indiscriminati che uccidono o feriscono civili o danneggiano obiettivi civili sono crimini di guerra”.
“Chiediamo al governo ucraino di assicurare immediatamente l’allontanamento delle sue forze dai centri abitati o di evacuare le popolazioni civili dalle zone in cui le sue forze armate stanno operando. Gli eserciti non devono mai usare gli ospedali per attività belliche e dovrebbero usare le scuole o le abitazioni dei civili solo come ultima risorsa, quando nessun’altra alternativa sia percorribile”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Il diritto internazionale umanitario chiede a tutte le parti in conflitto di fare il massimo possibile per non collocare obiettivi militari all’interno o nei pressi di centri abitati. Altri obblighi circa la protezione delle popolazioni civili prevedono la loro evacuazione da luoghi prossimi a obiettivi militari e un preavviso efficace su ogni attacco che possa avere conseguenze per le popolazioni civili – conclude il comunicato – Il 29 luglio Amnesty International ha trasmesso al ministero della Difesa di Kiev le conclusioni delle sue ricerche. Al momento, non è ancora pervenuta una risposta”.