UCCISO A 16 ANNI DALL’ISIS PERCHÉ GAY. LA PERSECUZIONE DEGLI OMOSESSUALI DA PARTE DELLO STATO ISLAMICO

Ci sono battaglie cui gli omosessuali di tutto il mondo sono, loro malgrado, costretti. Quando va bene si tratta di lotte per l’affermazione di semplici diritti. Se invece va male, la lotta si trasforma in una guerra, quella per la vita. La pena di morte per il “reato” di omosessualità è un crimine di cui si macchiano, ancora, troppi paesi. È nello Stato islamico, però, che il fenomeno sta assumendo dimensione catastrofiche. L’uccisione, nei giorni scorsi, di un giovane sedicenne, è solo l’ultimo terribile episodio.

Isis, appunto. Nei territori che il sedicente califfato controlla, la punizione per chi è “colpevole” di essere omosessuale è delle più dure. Il proprio peccato si paga con la vita, speranze di sopravvivere non ce ne sono. È quanto dice la particolare visione della Sharia, la legge islamica, che gli jihadisti hanno fatto propria. Sono numerosi i casi di questo tipo che si sono registrati da quando lo Stato islamico (Is) ha preso il controllo in Siria e Iraq. Stando ai dati riportati dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (OSDH), infatti, a gennaio 2016 il numero di persone uccise a causa del proprio orientamento sessuale sono state almeno 25. Sei di queste sono state lapidate, 3 uccise con un colpo di pistola alla testa e altre 16 sono state gettate da un edificio. Altre fonti, parlano addirittura di crocifissioni e decapitazioni. Il numero, quindi, sembra essere ben più elevato di quello riportato dall’OSDH. Al di là di come viene eseguita la sentenza, c’è una costante in tutte le esecuzioni portate a termine dai miliziani di Is, la forte spettacolarizzazione dell’evento. Ogni volta, infatti, sono decine le persone che, costrette o per volontà propria, assistono al macabro spettacolo. Il fine è evidentemente quello di ricordare a tutti coloro che si trovano a vivere all’interno dei territori del califfato, quale è il destino cui sono condannati tutti coloro che violano le leggi della Sharia.

L’ultimo episodio, in ordine di tempo, riguarda un giovane sedicenne che, come riportato dagli attivisti dell’OSDH sarebbe stato lapidato ad al-Mayadin, città siriana nel governatorato di Deir el-Zor. Nei mesi scorsi lo stesso territorio era già stato teatro dell’uccisione di un altro adolescente, stavolta quindicenne, lanciato dal tetto di un palazzo. La notizia riportata da Ara News, agenzia d’informazione siriana, presenta una particolarità. Il giovane era stato, infatti, accusato di intrattenere una relazione omosessuale con un importante ufficiale dell’Isis, Abu Zaid al-Jazrawi. All’esponente del califfato, che secondo alcune fonti sarebbe uno dei massimi esperti di diritto sharitico, è toccata, invece, una sorte ben diversa. Contravvenendo alle stesse disposizioni del tribunale della Sharia, i vertici del califfato hanno deciso che l’ufficiale dovesse essere solamente allontanato dalla Siria. Trasferito in Iraq, ora combatte al fronte.

Se si è adulti, anziani o bambini non fa differenza, ognuno deve subire la stessa sorte. Erano due giovani adulti, infatti, i due che nel marzo 2015 sarebbero stati decapitati in un luogo non meglio precisato della città di Ninive, nel nord dell’Iraq. La foto pubblicata su alcuni social network mostra un jihadista completamente vestito di nero, con una scimitarra in mano, pronto a tagliare la testa ad un uomo bendato e inginocchiato al suo fianco. Anche qui, grande folla di persone a guardare. Era un adulto anche l’omosessuale lanciato da un palazzo a Raqqa, in Siria. Dal video pubblicato su internet si può vedere un uomo sulla cinquantina che viene bendato e gettato nel vuoto. Sopravvissuta miracolosamente alla caduta, la vittima sarebbe poi stata lapidata.

Queste sono solo alcune delle terribili storie di persecuzione e morte con cui sono costretti a vivere gli abitanti dei territori sottomessi allo Stato islamico. Questa è la sorte che tocca a chi non condivide le leggi del Califfo.

Luca Crosti