Esiste un legame diretto tra tumore e infiammazione e la sinergia di 3 nutrienti alla base dell’immunonutrizione, ovvero arginina, acidi grassi omega-3 e nucleotidi. Una notizia che – in vista della Giornata mondiale del malato oncologico che ricorrerà il prossimo 17 maggio – rappresenta un grande passo nella terapia nutrizionale per gli oltre 2 milioni e 250mila pazienti oncologici e per i professionisti del settore. A conferma vi è uno studio pilota prospettico guidato da Franco Roviello dell’Università di Siena, pubblicato di recente su ‘Clinical Nutrition Espen’, i cui risultati evidenziano i principali benefici dell’immunonutrizione nella modulazione del microambiente tumorale e nell’attivazione del sistema immunitario, sia nel recupero post-operatorio dei pazienti che durante il trattamento oncologico.
“In letteratura scientifica erano già presenti degli studi che evidenziavano i benefici dell’immunonutrizione per il paziente oncologico, ma non per quanto riguarda il meccanismo di azione e la variazione del microambiente tumorale. Ecco perché la volontà di condurre uno studio che andasse ad indagare questi aspetti, in particolare nelle persone con neoplasie nel tratto gastro-intestinale, che per i trattamenti chirurgici a cui sono sottoposte sono anche quelle che hanno bisogno di una maggiore supporto’, spiega Roviello, direttore Uoc Chirurgia oncologica Aou Senese e autore dello studio.
La ricerca – dettaglia una nota – è stata condotta su 24 pazienti (16 casi e 8 controllo) con tumori allo stomaco (50%) e colonretto (50%) in stadio II e III con età media 78.5 anni (44-90 anni). I risultati dimostrano l’efficacia sinergica dei 3 immunonutrienti (arginina, omega 3 e nucleotidi) sia in fase peri-operatoria, che durante i trattamenti antineoplastici come chemio e radioterapia. Infatti, l’analisi immunoistochimica ha dimostrato che l’immunonutrizione promuove la risposta immunitaria antineoplastica con l’aumento dei linfociti T-citotossici e T-helper e la riduzione dei linfociti Texhausted e T-reg sopprimendo la capacità del tumore di eludere il sistema immunitario.
In particolare, lo studio ha evidenziato differenze significative tra il gruppo di pazienti trattati con immunonutrizione e il gruppo di controllo non trattato in preoperatorio. Per 7 giorni prima della chirurgia, i 16 pazienti presi in esame sono stati trattati con 2 brick/die di Impact Oral, formula unica immunonutrizionale assieme a Impact Enteral con un contenuto sinergico di arginina, acidi grassi ω-3 e nucleotidi dell’acido ribonucleico, in linea con il profilo compositivo, creato da Nestlé Health Science, azienda specializzata in soluzioni nutrizionali innovative, e raccomandato dalle linee guida per la chirurgia oncologica internazionali e nazionali, con un livello di raccomandazione A.
La ricerca scientifica sull’immunonutrizione – ricorda la nota – vanta una storia lunga più di 30 anni: i primi studi sugli effetti dei singoli immunonutrienti risalgono infatti agli anni ’80, con una maggiore concentrazione nel primo decennio degli anni 2000, per un totale di oltre 20 pubblicazioni sul tema e oltre 2.500 pazienti coinvolti. Tutte le evidenze raccolte dalle metanalisi svolte sino ad oggi evidenziano che l’immunonutrizione peri-operatoria, somministrata a pazienti malnutriti e/o normo nutriti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale ed Orl, ha consentito una riduzione significativa delle complicanze postoperatorie, tra cui riduzione degli ascessi addominali nel 57% dei casi, riduzione di infezioni della ferita nel 39% dei pazienti e nel 48% una riduzione di deiscenze anastomotiche.
Inoltre, i benefici dell’immunonutrizione non sono solo a livello clinico: grazie all’applicazione del trattamento nutrizionale si è osservata, infatti, una diminuzione della degenza ospedaliera di circa 2,5-2,9 giorni e un risparmio del 40% sui costi ospedalieri per la gestione delle complicanze, stimata pari a circa 1.250 euro per ricovero.
“La presa in carico precoce del paziente, se associata ad un intervento nutrizionale con supplementazione orale a base di immunonutrienti, risulta utile nel medio-lungo termine per il raggiungimento di miglioririsultati clinici. Inoltre, con l’associazione di una formula immunomodulante a base di arginina, omega 3 e nucleotidi, il periodo di degenza di un paziente oncologico è minore, e porta dunque a una riduzione dei costi sanitari, con un impatto positivo sul Ssn. Quindi, il rapporto costi-benefici è assolutamente vantaggioso” ha dichiarato Riccardo Caccialanza, direttore Uoc Dietetica e Nutrizione Irccs Fondazione San Matteo di Pavia.
In futuro si auspicano ulteriori studi di approfondimento per identificare il sottogruppo di tumori che rispondono meglio all’immunonutrizione e correlare questi dati con la risposta alla chemioterapia e ai principali trattamenti oncologici ad oggi disponibili. L’obiettivo sarà l’inclusione dell’immunonutrizione nelle linee guida quale potenziatore delle terapie antineoplastiche e parametro per comprendere al meglio il comportamento biologico del tumore.