(Adnkronos) – La leucemia linfatica cronica è una delle forme di neoplasia ematologica più frequenti nei Paesi Occidentali, in particolare tra gli anziani. Ogni anno in Italia circa 3mila nuovi casi di malattia vengono diagnosticati in pazienti che hanno una età mediana intorno ai 70 anni. “Tuttavia, questa patologia colpisce anche persone più giovani”, spiega all’Adnkronos Salute Paolo Sportoletti della Sezione Ematologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia, in occasione del mese dedicato alla sensibilizzazione sui tumori del sangue. Per questi pazienti, da alcuni mesi è disponibile un nuovo trattamento già in prima diagnosi, che permette di evitare la chemioterapia e la sua tossicità. Si tratta di una terapia innovativa basata sulla molecola venetoclax, la cui efficacia è stata dimostrata dallo Studio CLL14.
“Questa terapia target che da pochi mesi abbiamo a disposizione per i nostri pazienti – sottolinea Sportoletti – utilizza una molecola che, all’interno della cellula, bersaglia un target che si chiama BCL2, che indica la vulnerabilità della cellula contro cui questa molecola è stata costruita. Si tratta di una terapia che si può assumere per bocca, a cui si associa anche un anticorpo monoclonale. E’ una terapia a durata fissa, ciò significa che viene assunta per un periodo di tempo limitato. Noi da tempo la utilizziamo in seconda linea e nelle linee successive, finalmente abbiamo la possibilità di utilizzarla anche in prima linea”. La rilevanza di questo tipo di terapie “è quella di essere una terapia completamente chemio-free – rimarca lo specialista – Dunque non è una chemio immunoterapia, ma una terapia intelligente, una terapia target che colpisce le cellule neoplastiche, ovvero le cellule malate, riuscendo a risparmiare il più possibile le cellule sane che non appartengono alla patologia ematologica maligna. In questo modo è in grado di bloccare la progressione della patologia e consente a chi ne è affetto di recuperare una buona qualità della vita. Un trattamento altamente efficace, ma anche sicuro”.
Per Sportoletti i dati dell’efficacia del trattamento “sono considerevoli”. Si tratta di una terapia che “raggiunge le cosiddette risposte profonde – evidenzia l’esperto – che per noi significa avere la possibilità di distruggere il maggior numero di cellule, eliminandone anche i piccoli residui. Questo consente al paziente di non dover assumere per lunghi periodi di tempo nuove terapie. Una rivoluzione, se si pensa che per la leucemia linfatica cronica non c’è cura definitiva, ma grazie all’utilizzo di questa molecola contro BLC2 c’è la possibilità di un grande successo terapeutico”.
Il recupero di una buona qualità della vita per i pazienti passa anche attraverso la possibilità di utilizzare una terapia limitata nel tempo. “A differenza della terapia continuativa cronica, che prevede l’utilizzo del farmaco dall’inizio del trattamento fino alla progressione, e per questo può durare anche molti anni – precisa l’ematologo – la terapia a durata fissa in prima linea, anche dopo un anno, riesce a bloccare l’evolversi della malattia. Aspetto questo molto importante perché la leucemia linfatica cronica è una patologia tipica dell’anziano, e sappiamo benissimo che il paziente anziano, in quanto fragile, di solito assume anche molti altri farmaci”.
Il paziente che assume questo tipo di terapia, “estremamente efficace e con un basso carico di tossicità – conclude Sportoletti – ha sicuramente un miglioramento della sua qualità di vita perché non solo non ha più la necessità di assumere farmaci in continuazione, ma può svolgere le sue attività quotidiane senza alcuna difficoltà. In altre parole, risponde meglio e sta anche meglio in termini di effetti collaterali”.