Tumori e vaccini a mRna, a che punto siamo

(Adnkronos) – La promessa dei ‘farmaci viventi’ contro il cancro sarà mantenuta? Non manca molto tempo per scoprirlo, se si considerano i vaccini a mRna – oltre 40 – per diversi tipi di tumori che in questo momento si trovano ai test sull’uomo nel mondo. Alcuni sono in fase avanzata di sperimentazione. E nel 2024 il primo – quello contro il melanoma di Moderna – dovrebbe entrare in fase III, la più importante, che precede le richieste di autorizzazione alle agenzie regolatorie. Mentre gli esperti aspettano cautamente che i dati si consolidino, su questa “tecnica promettente” si accendono i riflettori a Milano in occasione di Cicon23, l’International Cancer Immunotherapy Conference, alla quale da oggi partecipano oltre mille tra clinici, ricercatori, rappresentanti di associazioni e del biotech provenienti da tutti i continenti.  

I vaccini anti-cancro a mRna sono uno dei temi sul tavolo. Ma il confronto fra gli esperti spazierà per approfondire tutte le nuove frontiere della immunoterapia del cancro, approccio terapeutico che sfrutta il sistema immunitario per combattere ed eliminare le cellule tumorali. Fra gli oltre 40 relatori anche il premio Nobel per la Medicina James Allison. E nel programma figurano oltre 600 lavori da scienziati di 38 nazioni, che faranno il punto sui più importanti dati ottenuti in clinica e in laboratorio. Inevitabile che sulla scia dei risultati sul fronte Covid crescesse l’attesa sull’applicazione dell’mRna in campo oncologico. Si stima che i vaccini a mRna, dopo quasi 20 anni di studi e ricerche, potrebbero essere pronti a entrare in clinica nel giro di pochi anni.  

“Si può ipotizzare una data che è quella legata alla sperimentazione di fase 3, che per uno di questi vaccini comincerà a inizio 2024. Se quando questa fase finirà verranno confermati i risultati, a quel punto la procedura di accettazione di enti regolatori come l’americana Fda, l’europea Ema e l’italiana Aifa dovrebbe essere abbastanza rapida. Consideriamo quindi almeno altri 3 anni, minimo”, prospetta Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di bioterapia dei tumori all’Istituto europeo di oncologia e presidente del Network italiano per la bioterapia dei tumori (Nibit), una delle società scientifiche organizzatrici dell’evento. Ma è ancora il momento della cautela. Perché il trial sul melanoma che ha fornito i primi risultati – positivi – al momento ha “ancora un follow-up piuttosto breve e un numero basso di pazienti trattati, 107. Quindi la potenza statistica è attualmente bassa. E questo ci deve far stare attenti e cauti. Ma la tecnica è molto promettente per il razionale che ne ha permesso lo sviluppo e perché è trasversale a diverse patologie”, ammette l’esperto. 

I vaccini anti-cancro a mRna “sfruttano la stessa tecnologia adottata per il Covid – spiega Ferrucci -. Si avvalgono dell’Rna messaggero (mRna), una sorta di ‘postino’ che trasmette importanti informazioni alle cellule. Per i vaccini anti-cancro si utilizzano mRna sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere una proteina chiamata neoantigene, espressione di una mutazione genetica avvenuta nella cellula malata. Si tratta di una specie di ‘impronta digitale’ specifica e personale, presente nelle cellule tumorali di quel paziente. I vaccini antitumorali a mRna personalizzati sono quindi progettati ‘su misura’, con lo scopo di innescare il sistema immunitario a uccidere selettivamente ed esclusivamente le cellule tumorali in quel paziente e nei pazienti in cui i tumori esprimono la stessa mutazione”. 

Attualmente sono in corso sperimentazioni in diverse patologie tumorali: oltre al melanoma, il tumore della prostata, il tumore polmonare non a piccole cellule, il tumore mammario triplo negativo, il tumore colorettale e altri tumori solidi. “L’elenco è ovviamente destinato ad aumentare in modo esponenziale”, evidenzia Ferrucci. A fare il punto sul vaccino a mRna contro il melanoma sviluppato da Moderna sarà Jeffrey Weber, professore di Oncologia e vicedirettore del Nyu Langone Perlmutter Cancer Center. I dati a 2 anni dalla somministrazione di questo vaccino mostrano una riduzione del rischio di recidiva o morte del 44% in chi lo ha ricevuto in combinazione con la ‘tradizionale’ immunoterapia.  

E sempre al Cicon23 farà il punto anche Özlem Türeci, co-fondatrice dell’azienda biofarmaceutica BioNTech, che da decenni studia i vaccini a mRna contro i tumori e, sull’onda dell’esperienza maturata con gli anti-Covid, ha disegnato vaccini ad mRna ancora più efficaci contro tumori come il melanoma, il cancro del colon retto e del pancreas. “I vaccini – analizza Anna Mondino, componente del direttivo Nibit e responsabile dell’Unità di attivazione linfocitaria all’Irccs San Raffaele di Milano – funzionano perché vengono riconosciuti dai linfociti T. Cellule che, una volta attivate e acquisita la capacità di uccidere il tumore, sono anche in grado di redistribuirsi nel nostro organismo tramite i vasi. Quindi la capacità di riconoscere una metastasi lontana dal sito primario” del tumore “è legata al fatto che questi sono veri e propri farmaci viventi: migrano, cercano e hanno una molecola sulla loro superficie che quando trova il target lo riconosce, tanto che questo processo è stato definito il ‘bacio della morte'”. Ed è una capacità duratura? “Dipende. Se i vaccini sono fatti bene sì perché si stabilisce una risposta di memoria”, spiega. 

“L’era dei vaccini a mRna nella lotta al cancro è solo agli inizi – dice Ferrucci – ma è altrettanto importante ricordare che non è l’unica strada promettente nel settore dell’immunoncologia, che si avvale anche di diverse altre strategie in fase di studio”. Gli obiettivi sono molteplici, elenca Mondino: “Capire i meccanismi che il tumore usa per sfuggire al controllo del sistema immunitario, individuare strategie capaci di rendere le nuove terapie più efficaci nel maggior numero possibile di pazienti e identificare il momento migliore per la loro somministrazione. Per questo sono previste sessioni dedicate alle nuove tecnologie che consentono di studiare le singole cellule e la loro localizzazione nel tessuto, in modo da generare così una carta d’identità del tumore stesso. Parleremo anche di elaborazione di Big Data con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e di come poter identificare l’opzione immunoterapeutica più adeguata per il paziente”.  

Missione: medicina a misura di paziente. Tornando all’mRna, “è stato possibile sviluppare un vaccino che può essere veramente personalizzato e personalizzabile”, rimarcano gli esperti. E “medicina personalizzata – osserva Antonio Sica, segretario del Nibit, direttore di Patologia generale all’università del Piemonte Orientale e del Laboratorio di patologia e immunologia molecolare all’Irccs Humanitas di Rozzano (Milano) – vuol dire fare il profilo molecolare del tumore in quel singolo paziente. E per fare ciò c’è stata un’esplosione delle tecnologie cosiddette ‘omiche’ che permettono di caratterizzarlo a livello molecolare. Queste informazioni vengono utilizzate per costruire il vaccino”. Interessante, continuano gli specialisti, “è che ci sono vaccini condivisi tra diversi pazienti, un pannello di neoantigeni condivisi, in altre parole una base pronta da dare in vaccino”. 

Ci sono, aggiunge Mondino, “dei test diagnostici facili e la somministrazione del vaccino è simile a quella del Covid. Se vogliamo fare l”impronta molecolare’ del singolo paziente, adesso servono centri specializzati in grado di fare la sequenza del suo tumore, ma i costi e la tecnologia stanno andando molto avanti e diventerà sempre più facile. Quello che 10 anni fa era impensabile adesso è pratica clinica. Questo potrebbe dunque essere un approccio sostenibile”. In futuro, prevede Sica, “si arriverà a una personalizzazione sempre maggiore”. E cruciale è anche quando e a chi fare il vaccino, conclude Mondino: “Ora si tende a farlo in adiuvante, e in una situazione in cui il sistema immunitario del paziente è capace di rispondere. Scegliere la finestra giusta e il paziente giusto è davvero importante”.