TROPPI ERRORI COMMESSI E PESSIMA GESTIONE DELLA VICENDA ‘MAILGATE’ DI HILLARY: TRUMP LICENZIA A SORPRESA JAMES COMEY, CAPO DELL’FBI DAL 2013. CONGRESSO SCONCERTATO

“Lei è licenziato e rimosso dall’incarico con effetto immediato per quanto io abbia apprezzato il fatto che lei mi abbia informato in tre diverse occasioni che io non sono sotto inchiesta, io comunque concordo con l’opinione del dipartimento di Giustizia che lei non è più in grado di guidare il Bureau in modo efficace”. Era stato il presidente Obama, nel 2013, con un mandato di dieci anni, a scegliere James Comey, 56 anni, fino a ieri a capo dell’Fbi. Il suo mandato quindi, sarebbe dovuto scadere nel 2023. La ricerca di un nuovo direttore dell’Fbi, ha fatto sapere la Casa Bianca, avrà inizio immediatamente. L’alto funzionario, che stava indagando sui potenziali legami tra lo staff di Trump e la Russia, oggi ha ricevuto il ‘benservito’ da Donald Trump, che gli ha ‘rinfacciato’ gli errori commessi da Comey e la riapertura delle indagini sulle mail di Hillary Clinton a poche settimane dal voto delle presidenziali del novembre scorso. “L’Fbi è una delle istituzioni più rispettate della nostra nazione e oggi rappresenterà un nuovo inizio per questo nostro gioiello della corona dell’applicazione della legge”, ha detto Trump a proposito del numero uno dell’Fbi, che nei giorni scorsi era stato chiamato a testimoniare sulle possibili relazioni tra il comitato che si è occupato della campagna elettorale di Trump e Mosca. Come è noto ormai a tutti, Casa Bianca e Fbi erano ai ferri corti da mesi, soprattutto perché l’amministrazione chiedeva a Comey di indagare con maggior forza le fughe di notizie sul Russiagate, fonte di grande imbarazzo per la Casa Bianca. Mentre, da parte sua, il direttore resisteva a rendere questa una priorità rispetto invece al contenuto dell’inchiesta stessa. Riguardo invece alle accuse di aver gestito in modo non giusto la vicenda Mailgate, fonti sottolineano come l’ispettore generale del Dipartimento di Stato che ha avviato un’indagine interna su come Comey ed il suo vice abbiano gestito la vicenda non ha ancora completato la sua revisione. Il licenziamento, fermato su carta, spiega che Comey è stato “rimosso dal suo incarico sulla base delle chiare raccomandazioni” del procuratore generale Jeff Sessions e del vice procuratore generale Rod Rosenstein. Il primo infatti avrebbe scritto al presidente per comunicargli che “Sono arrivato alla conclusione che abbiamo bisogno di un nuovo inizio alla guida dell’Fbi, devo raccomandarle di rimuovere il direttore Comey ed identificare un individuo di esperienza e qualificato”. In un’altra missiva indirizzata all’inquilino della stanza ovale invece, Rosenstein denuncia che le azioni e le affermazioni di Comey avevano compromesso la reputazione dell’agenzia di intelligence: “La reputazione e la credibilità dell’Fbi hanno subito danni notevoli e hanno colpito l’intero Dipartimento di Giustizia per il modo in cui Comey ha gestito la conclusione dell’inchiesta sulle mail di Clinton – alludendo a quando Comey aveva dichiarato  che non vi erano prove sufficienti per procedere ad un’azione penale,ndr) – Io non capisco il suo rifiuto di accettare il praticamente universale giudizio sul fatto che si sia sbagliato”. Certo una doccia fredda per il capo dell’agenzia di investigazione, che non era stato minimamente allertato dell’imminente rimozione, tant’è che la lettera – recapitatagli nel suo ufficio della casa Bianca da un ex il bodyguard di Trump – è giunta mentre Comey era in missione a Los Angeles per incontrare nuove reclute dell’Fbi. Ovviamente la notizia non è passata inosservata (specie per la ‘specifica’ di aver malgestito il mailgate della Clinton), ed i democratici hanno subito paragonato le azioni di Donald Trump a quelle di Richard Nixon durante il Watergate. Oltretutto nell’ambiente politico Usa, tutti ricordano come Trump lodò Comey per aver riaperto, pochi giorni prima del voto, l’inchiesta sulle mail della sua avversaria, da Clinton ritenuta la causa della sua sconfitta. E il modo caloroso con cui l’accolse nel loro primo incontro, dopo la vittoria di novembre, quando comunicò l’intenzione di confermare al suo posto il super poliziotto che Barack Obama aveva nominato alla guida dell’Fbi nel 2013. Un gesto avventato, quello di Trump, che ha sollevato dure proteste nell’ambito del Congresso anche da parte di alcuni repubblicani, con in testa il presidente della commissione Intelligence, Richard Burr, che sta indagando sul Russiagate, l’inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni e sulle presunte relazioni tra lo staff di Trump e la Russia, che secondo molti è all’origine della clamorosa mossa della Casa Bianca. Burr si è detto “preoccupato dalla tempistica e dalle motivazioni del licenziamento” che, ha dovuto  ammettere, “confonde ulteriormente la già difficile inchiesta della commissione”. E in un tale contesto Comey, ha aggiunto, “ha sempre collaborato in modo chiaro e diretto, mostrando molto più disponibile nel passare informazioni di ogni altro direttore dell’Fbi che io ricordi”. Non meno scossi e preoccupati, anche il presidente della commissione Forze Armate John McCain, e Bob Corker, presidente della commissione Esteri.

M.