Dunue alla fine, con 70 voti a favore, 10 contrari e 2 schede bianche (gli unionisti avevano lasciato l’aula prima del voto), il parlamento di Barcellona ha approvato la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna. Una ’vittoria’, quella degli independentisti, salutata cantando in piedi l’inno Les Segadores, con la piazza antistante in tripudio. Approvata tramite il voto segreto, la dichiarazione sancisce così la costituzione della “repubblica catalana come stato indipendente e sovrano”, invitando quindi il governo di Barcellona a “emettere tutte le risoluzioni necessarie per l’implementazione della legge di transizione giuridica e fondamento della Repubblica”. E si parla di provvedimenti atti ad ’istituire la nazionalità catalana, la promozione del riconoscimento internazionale, la creazione di una Banca della Catalogna, l’integrazione dei funzionari spagnoli nella nuova amministrazione indipendente, provvedimenti per l’esercizio dell’autorità fiscale, la messa a punto di una lista dei beni dello stato spagnolo presenti in Catalogna per una effettiva successione nella proprietà’. Non ultmo, anche l’avvio di negoziati con Madrid, e la firma di trattati internazionali.Tutto questo però mentre il Senato spagnolo, a grande maggioranza (prima volta in Spagna), ha approvato il ricorso all’articolo 155 in Catalogna. Dal canto suo il premier Rajoy, intervenendo stamane in Senato aveva chiesto la destituzione di Carles Puigdemont, presidente della Generalitat della Catalogna, del suo vice, e dei consiglieri del governo regionale. “Lui, solo lui” è l’unico responsabile di quanto sta avvenendo – ha urlato Rajoy – Un governante non deve trattare così la gente e ci sono tematiche con le quali non si può giocare. Un governo non può assistere imperterrito ad un avvenimento quale questo. La cosa certa è che il presidente non ha risposto. Ed è stato questo che ci ha portati qui. Ciò da cui i catalani devono essere protetti – aveva dichiarato il premier spagnolo – non è l’imperialismo spagnolo ma una minoranza che, in modo intollerante, vuole sottomettere chiunque al giogo della sua dottrina secessionista. Celebrare elezioni urgenti è una saggia decisione”, aveva dichiarato, aggiungendo che era sua intenzione convocare le consultazioni entro sei mesi. “Ora non c’è più via di uscita rispetto alla chiamata alle urne”.
M.