TRE GRANDI ARTISTI A CONFRONTO PER LA PRIMA VOLTA AI MUSEI CAPITOLINI

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    Durante la stagione autunnale si è aperta la mostra ai Musei Capitolini di Roma: “Raffaello, Parmigianino, Barocci- Metafore dello sguardo”, che vede protagonista due grandi artisti a confronto: Federico Fiori detto il Barocci e Francesco Mazzola conosciuto come il Parmigianino, i quali hanno assorbito entrambi l’ispirazione del grande maestro rinascimentale Raffaello Sanzio. Nonostante essi siano distanti per epoca e luogo di attività, l’esposizione che si concluderà il 21 gennaio 2016, propone parallelismi tra le loro produzioni artistiche con il costante sfondo dell’opera raffaellesca.

    Entrambi considerati eredi dell’artista urbinate: Parmigianino da un punto di vista spirituale: «Si diceva pubblicamente in Roma per infinite persone, lo spirito di Raffaello esser passato nel corpo di Francesco» così il Vasari nelle “Vite” ricorda la diceria presente nella città d’arte dopo la precoce scomparsa del Maestro, che raccontava di una trasmigrazione della sua anima nel corpo del giovane parmense. Con il Mazzola parliamo di un alter Raphael che conferma l’alterità nonché originalità della sua produzione; mentre il Barocci recepisce un’eredità legata fondamentalmente alle comuni radici di origine, il suo avvicinamento ha un risultato diverso dovuto alla sintesi di tradizioni culturali successive. Il Fiori, infatti, nasce vent’anni dopo la scomparsa di Raffaello ed è inevitabilmente influenzato dal conseguente contesto artistico-culturale.

    La mostra si apre con l’accostamento dei rispettivi autoritratti: il celeberrimo Autoritratto di Sanzio dove egli si rappresenta come artista-cortigiano dall’aspetto idealizzato inserendo un’innovativa torsione corporea , in un rapporto estremamente intimo con l’osservatore tramite lo sguardo pensoso. L’Autoritratto di profilo e l’ Autoritratto con due studi per le Vergini di Santa Maria della Steccata del Parmigianino, entrambi disegni realizzati con penna ed inchiostro, mostrano invece, il sottile virtuosismo dell’artista che a differenza del Maestro fissa lo sguardo. L’ Autoritratto di mezza età del Barocci, infine, segue lo schema tradizionale rinascimentale, ma tralascia i contorni e si avvale dell’uso delle ombre su quasi metà del volto, mettendo in evidenza l’esperienza più tarda.

    Proseguendo, lo spettatore si trova davanti a paragoni di varie tematiche affrontate da ciascun artista: lo studio di soggetti religiosi, nonché di elementi naturali, volti femminili, ambientazioni classiche, concludendo con il tema richiamato dal titolo della mostra: la metafora dello sguardo. Qui si rievoca il concetto di Leon Battista Alberti di un sistema prospettico lineare che viene messo in atto dal talento dell’Urbinate e riscontrabile nel suo studio della Giovane donna seduta. Sicuramente osservato dal Parmigianino che spesso crea relazioni tra donne ed aperture esterne ed infine il Barocci che parte dall’osservazione della produzione raffaellesca per arrivare ad una concezione diversa, nella quale l’apertura verso lo spazio esterno è l’espressione dello sguardo pittorico sul mondo.

    «La mia mostra intende verificare se le fonti cinquecentesche e seicentesche che parlavano di eredità da parte di Parmigianino e Barocci del grande Raffaello, possa avere ancora oggi una validità e in che senso», queste sono le parole della curatrice Marzia Faietti, che esplica così l’obbiettivo principale dell’esposizione, che per la prima volta mette a confronto i tre grandi artisti nelle diversità che concernono ciascuno di essi.