Indagando sul cospicuo giro di affari legato al clan del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, dalle prime luci dellalba la Squadra mobile di Trapani, ha condotto una maxi operazione antimafia che prodotto 11 arresti e comportato decine di perquisizioni. Questo perché, dalle indagini effettuate, gli investigatori palermitani della Dda hanno ragione di pensare che il superlatitante (uccel di bosco da 30 anni), era in grado di condizionare gli appalti nella zona del Trapanese attraverso le imprese sequestrate. Parliamo di affari di livello come i lavori per la realizzazione del parco eolico di Mazara del Vallo e, tra gli altri, dei lavori di ristrutturazione dell’ospedale. Gli inquirenti hanno sottolineato che le indagini hanno confermato “i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo, retto da Vito Gondola, e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro, al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte. Le imprese sequestrate erano direttamente controllate dalle famiglie mafiose attraverso prestanome”. Fra gli arrestati figura anche Epifanio Agate, figlio del boss mafioso Mariano Agate (condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e morto nel 2013), il quale gestiva due società che lavoravano nel settore del pesce. Mariano Agate era uno che contava sul serio: nel 1985 era stato condannato all’ergastolo per sette omicidi, tra cui quelli del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Per quest’ultimo omicidio fu assolto in Cassazione nel 1993. Agate era considerato uno degli uomini di riferimento di Totò Riina. Arrestato nel 1990, nel 2004 – nonostante si trovasse già in regime di carcere duro – Mariano Agate era stato coinvolto in un’indagine per aver fatto arrivare ordini al figlio Epifanio.
M.
