TESTAMENTO BIOLOGICO, AGE: “SOLO FUMO NEGLI OCCHI”

     
     
    “L’istituzione nel comune di Roma del registro del testamento biologico è fumo negli occhi dei cittadini, che del resto in questi anni hanno già disertato analoghi registri aperti negli ex X e XI Municipi”. Così, in una nota, Fabrizio Azzolini, presidente dell’Age (Associazione italiana genitori) commenta l’approvazione in Campidoglio del registro del testamento biologico. “E’ un atto simbolico e ideologico, ma del tutto inutile e per nulla vincolante giuridicamente come sa benissimo ogni giurista – prosegue la nota – Anzi, nella lacuna legislativa di una legge nazionale sul fine vita la corsa dei comuni ai registri dei testamenti biologici non solo fornisce risposte inadeguate, ma crea un far west di regolamentazioni differenziate a seconda della residenza con il rischio reale di abusi per persone con disabilità o psicologicamente fragili. Si diffonde una mentalità eutanasica. Il sindaco Ignazio Marino pensi ai veri problemi dei cittadini di Roma e alle difficoltà quotidiane delle famiglie. Da oltre un anno i romani aspettano l’apertura di un ufficio famiglia in ogni Municipio, proposto nero su bianco in campagna elettorale al Forum delle associazioni familiari del Lazio, cui l’Age aderisce, ma rimasto finora solo sulla carta: era solo una promessa elettorale?”. “I registri del testamento biologico – spiega Azzolini -, sono privi di efficacia giuridica, come anche i registri sulle unioni civili di prossima approvazione a Roma. Manca infatti una legge dello Stato che li istituisca: nessuna norma di legge abilita il Comune a gestire il servizio dei biotestamenti o dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). La competenza in questi ambiti è esclusiva dello Stato, un intervento del comune si traduce in traduce in provvedimenti privi di effetti giuridici. E’ la Costituzione stessa che all’art. 117 riserva la determinazione dei principi fondamentali del bene comune come salute e famiglia alla legislazione dello Stato, perché sono così rilevanti per il tessuto sociale da non poter essere lasciati all’arbitrio delle singole amministrazioni comunali. E sul tema vi è una circolare del ministero del lavoro e delle politiche sociali del 19 novembre 2010, ancora in vigore, che spiega che ‘non si rinvengono elementi idonei a ritenere legittime le iniziative volte all’introduzione’ dei registri per le DAT presso i comuni e che in caso si istituissero “si potrebbe ipotizzare un uso distorto di risorse umane e finanziarie, con eventuali responsabilità di chi se ne sia fatto promotore’. Si diffonderebbero numerose vertenze giuridiche su singoli casi”.