Per il momento è stato spiegato che la campagna di vaccinazione con la ‘terza dose’ (al via da oggi), riguarderà inizialmente gli immuno-depressi, ed i soggetti più facili poi, a seguire, il personale sanitario.
Tuttavia le nuove polemiche sorte in questi giorni (quando all’appello della prima dose mancano ancora qualcosa come oltre 3,6 milioni di italiani), puntano il dito sul ‘futuro prossimo’ della terza dose che (vista la limitata copertura nel tempo), con molta probabilità finirà per coinvolgere quanti già immunizzati dalla prima campagna vaccinale.
Dunque qual è la situazione? Cosa dobbiamo aspettarci? Domande – fra le tante – alla quale in questi giorni hanno risposto sia i politici ma, soprattutto, quanti deputati a disquisirne con legittimità: medici e ricercatori.
Non a caso, intervistato sull’argomento, Andrea Costa, sottosegretario alla Salute, ha replicato che “la politica si dovrà rimettere a quelle che saranno le indicazioni scientifiche, l’importante è farsi trovare preparati quando sarà il momento”.
Dal canto suo il direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, e virologo, Fabrizio Pregliasco, ha affermato che “Al momento la Fda ha detto di vaccinare con la terza dose le persone fragili, dopo di che vedremo in autunno-inverno, dove purtroppo credo che un colpo di coda del virus ci sarà e allora forse dovremo fare un richiamo universale. Io però immagino una prospettiva dove il vaccino anti covid si affiancherà a quello antinfluenzale, con la stessa modalità, quella di offrire il richiamo annuale soprattutto alle persone più a rischio”.
Del resto, ha aggiunto il virologo, ”Oggi si sta cominciando con gli immunodepressi, cosa diversa da quello che si farà nel prossimo futuro in termini di richiamo per le persone più a rischio. Si sta prendendo atto che c’è la necessità di fare una dose ulteriore, una schedula a tre dosi per le persone immunodepresse e la terza dose si potrà fare già a 28 giorni dalla seconda perché si tratta proprio di un ciclo di conferma e di rinforzo. Nel breve periodo però – aggiunge Pregliasco – è stato già deciso di dare un rinforzo, un richiamo forse periodico, quindi non terza dose in senso stretto, per le persone più anziane, in particolare chi è ricoverato nelle rsa, per gli operatori sanitari, perché si è visto che questi vaccini dopo 6 mesi cominciano a perdere un po’ di efficacia nel prevenire l’infezione. La cosa non ci inquieta più di tanto perché per i coronavirus nemmeno i guariti sono sicuri di rimanere protetti”.
Secondo invece Massimo Galli, (professore ordinario di Malattie infettive all’università Statale di Milano, e primario all’ospedale Sacco), “La verifica va fatta sulle persone che non hanno risposto al vaccino e su queste vanno fatte delle strategie specifiche“. E sulla terza dose Galli cita i dati raccolti da Israele che “ci danno una serie di informazioni importanti per cui, tenuto conto che è una cosa che si fa sugli ultra 60enni, in gruppi di età considerata dai 60-69 anni, dai 70-79 anni, e negli ultra 80 anni, la sensazione è di un importante recupero in quelli che avevano una risposta che verosimilmente non era quella desiderata”.
Tuttavia, rimarca il primario all’ospedale Sacco, ”Manca una verifica, che si basa sulla necessità di valutare tra questi quelli che proprio non hanno risposto alla prima e che invece oggi hanno risposto. Questa verifica sui trapiantati di midollo, è stata fatta in Francia, e si vede che in questi pazienti che sono quelli tra i più immunodepressi c’è stata una risposta anticorpale alla prima dose del 4% che diventa 44% dopo la seconda e 68% dopo la terza dose. Quindi ma c’è un buona percentuale che non risponde proprio”.
Intervistato da ‘La Stampa’, il consulente del Commissario all’emergenza (ex direttore Ema, e professore ordinario di Microbiologia a Roma Tor Vergata), Guido Rasi ha premesso che “Non ci sono dati sufficienti per una terza dose a tutti, ma è giusto iniziare da persone fragili, operatori sanitari e over 65. È l’indicazione dell’Fda e sarà probabilmente quella dell’Ema”.
Riguardo poi, come detto, il calo nel tempo dell’immunità data dalle due dosi del vaccino, l’ex direttore dell’Ema tiene a precisare che “cala l’immunità misurabile, un allarme da approfondire, ma non è tutto. Israele ha notato una ripresa delle infezioni, ma senza conseguenze. Anche in Italia ci sono segnali simili però due dosi qui potrebbero valere di più grazie alle chiusure e alle mascherine. E poi il calo degli anticorpi non è la fine della memoria immunitaria. I dati positivi di copertura dell’Istituto superiore di sanità riguardano vaccinati da più di sei mesi, dunque la terza dose non ha senso prima di nove”. Dunque, conclude Rasi, “Non c’è nessun motivo scientificamente accettabile per non vaccinarsi. Tutte le categorie fragili, malate o allergiche possono fare i vaccini a Rna, anzi sono coloro che ne hanno più bisogno”.
Anche il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea l’importanza dei dati raccolti da Israele, che ritiene “confortanti”. Motivo che lo convince a considerare il vaccino contro il Covid simile a quello dell’influenza: la durata è limitata nel tempo e le varianti rendono necessario fare dei vaccini diversi ogni anno”. Comunque, aggiunge Cartabellotta, ”Al momento le autorità internazionali stanno puntando a non esagerare con la somministrazione di terze dosi per fare in modo che venga aumentata la copertura vaccinale nei Paesi più poveri. Ci sono troppe discrepanze tra la copertura vaccinale dei Paesi ricchi e quella dei Paesi poveri, e questo rischia di far generare nuove varianti”.
Dello stesso avviso anche il direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma (dove proprio in questi giorni stanno sperimentando una terapia con gli agenti monoclonali), Francesco Vaia, che commenta: “I dati di Israele sulla dose aggiuntiva di vaccino anti-Covid sono confortanti, sarebbe in effetti una dose addizionale che potenzia la nostra capacità immunogenica, ovvero di produrre anticorpi. E’ evidente che l’atto che ha fatto il Governo, che condividiamo, è estremamente prudenziale. La storia del Covid ha dimostrato che le popolazioni più fragili sono state attaccate in modo drammatico dal virus. Quindi è giusto e opportuno, in modo prudenziale, difenderli con una dose addizionale di vaccino”.
Max