“Secondo me con la terza dose si chiude il giro della vaccinazione anti-Covid universale, poi ci sarà una strategia vaccinale simile a quella dell’influenza, con la necessità di un richiamo annuale solo per alcune categorie più fragili”. Lo dice all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano.
Questo vuol dire che il vaccino poi ci proteggerà per la vita? “Questo lo scopriremo solo vivendo – risponde con un sorriso l’esperto – Ma sono un po’ pessimista perché, dei malati di coronavirus Sars-CoV-2 della prima ondata, già qualcuno si reinfetta. Coronavirus ‘cugini’, gli altri 5 che conosciamo e che sono parte delle forme simi-influenzali, non danno protezione su lungo periodo e quindi ci si reinfetta. Però l’elemento di tenuta dell’obiettivo principale, che è soprattutto l’evitamento dei casi gravi, sembra che sia confermato. Una capacità – conclude Pregliasco – che può prolungarsi nel tempo”.
Pregliasco, dopo il via libera a partire dal primo dicembre alle dosi di richiamo per i 40-60enni, ricorda che in questa fascia “non sono tanti quelli che hanno fatto il vaccino già da 6 mesi, quindi è una progressione e un annuncio rispetto a una necessità di rinforzo che credo sia opportuna, alla luce del colpo di coda del virus che ormai ci aspettiamo”.
“In ogni caso – chiarisce l’esperto – si dovranno aspettare i 6 mesi dalla seconda dose. Farla prima non ha senso”, ma farla è utile per completare in un certo senso il ciclo vaccinale. “I dati – spiega Pregliasco – ci dicono che una terza dose fatta a distanza di tempo rende questo simile ad altri vaccini” che necessitano del ciclo 2+1, “dove c’è una prima immunizzazione e poi c’è invece il booster in senso stretto”.