Al momento non è ancora stata data una ‘motivazione ufficiale’, c’è chi parla dell’esplosione di una fabbrica di fuochi d’artificio e chi, con altrettanta convinzione, di un incendio divampato all’interno di un hangar che avrebbe poi attecchito ad un deposito di carburante.
Fatto è che nel tardo pomeriggio Beirut si è trasformata in un inferno. Un boato pazzesco ha letteralmente sconquassato il pigro pomeriggio di una città apparentemente tranquilla. Dall’area del porto si è levata una colonna di fumo di proporzioni impressionanti: il caos. Anche perché, alla prima esplosione ne segue subito un’altra, con il fume denso vede acre che ormai pare spargersi ovunque.
Sono bastati pochi istanti ai testimoni più vicini, per capire che quella che si presentava davanti ai loro occhi era una vera e propria carneficina.
Come ha riferito George Kettaneh, segretario generale della Croce Rossa libanese, “al momento non è possibile indicare un numero preciso”, chi parla di Alcuni testimoni riferiscono di oltre 20 morti, chi 50. Cifre più ‘rassicuranti’ – si fa per dire – parlano di 12 vittime e di circa 400 feriti, alcuni dei quali gravissimi.
Caso vuole che nell’esplosione, seppure a distanza, vengano coinvolti anche alcuni militari professionisti (sia uomini che donne), dei Granatieri di Sardegna i quali, al comando del generale Diego Filippo Fulco, si trovano proprio a Beirut per la missione internazionale di pace (del 2006) ’Leonte’, nell’ambito del contingente Unifil.
Fortunatamente tra di loro è rimasto convolto un solo militare, ferito lievemente, anche se la paura è stata tanta. Lo Stato Maggiore della Difesa ha subito rassicurato circa le sue condizioni, spiegando che è stato lo stesso granatiere a comunicare ai familiari di essere stato lievemente ferito e quindi di non preoccuparsi.
Nel frattempo nel porto sono entrati in azione anche i soccorsi del Sector West di Unifil che hanno da subito proceduto all’evacuazione dei lavoratori e dipendenti portuali.
In un mare di schegge, vetri acuminati e macerie, la Croce Rossa, aiutata da almeno 30 squadre di soccorritori, lavora alacremente sperando di strappare alla morte qualche ferito rimasto incastrato fra i detriti.
Il problema maggiore però è rappresentato dalla pochissima disponibilità di posti dei locali ospedali dove, a causa delll’emeregnza coronavirus, i posti sono questi esauriti, Si dice infatti che i feriti meno gravi non siano nemmeno stati accettati…
Max