(Adnkronos) – “Eravamo al terzo piano, la paura è stata enorme e ora tutta la gente è in strada, al freddo e sotto la pioggia”. Lo dice, intervistato da Vatican News, monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei. “Non siamo abituati a questo genere di eventi, è la prima volta che vedo una cosa simile ad Aleppo”, dice mentre suonano le sirene delle auto di soccorso dopo il violento terremoto nel sud della Turchia, al confine con la Siria.
“Stanotte dormiremo all’entrata del vescovado o altrove, vedremo cosa fare. C’è – ripete – una grande paura, ci sono danni ovunque, anche in cattedrale. Le biblioteche sono distrutte, le case crollate: è una situazione apocalittica”. Il vescovo racconta di altre persone che sono riuscite a salvarsi, nonostante “metà dei loro palazzi siano crollati”.
Mentre è al telefono, sta andando a vedere la situazione. “Tante persone sono in macchina, tutti hanno i cellulari in mano e cercano di comunicare. La situazione è molto triste e ora servono mezzi di soccorso, elettricità. Questo è il problema”, conclude.
PIZZI (PRO TERRA SANCTA): “IN 200 IN CONVENTO AD ALEPPO, MANCA CIBO” – ”Duecento persone sono fuggite dalle loro case e rifugiate nel convento francescano di Aleppo” in Siria, ma qualcuno non ce l’ha fatta, ci sono intere famiglie sotto le macerie di palazzi crollati. E si continua a scavare, nella città siriana pesantemente bombardata nel 2016 e ora, ancora, crollata sotto le scosse del potente terremoto di questa notte. Lo racconta all’Adnkronos Giacomo Pizzi, collaboratore dell’Associazione Pro Terra Sancta, che questa notte, ”alle 4.15 ora locale”, ha sentito “una scossa fortissima che è durata un’eternità. Il tempo di accendere la luce, rendermi conto di quello che stava succedendo, prendere qualcosa con me e uscire. Davvero un’eternità”. Pizzi, che dormiva nel convento francescano di Azizieh, racconta che ”la struttura ha retto molto bene, mentre il campanile ha subito dei danni. Sono cadute delle pietre che hanno causato ulteriori danni ad altre strutture”.
Il tempo di scendere in strada e ”immediatamente, due minuti dopo, siamo stati invasi dalle famiglie della zona che cercavano riparo qui – racconta Pizzi – Perché a differenza della gran parte delle abitazioni, il convento ha la luce”. Una differenza non da poco in una notte di paura e di nevischio, di buio e temperature rigide. ”Sono arrivati in pigiama, con le pantofole ai piedi, i bambini avvolti nelle coperte. Ci hanno raccontato che hanno sentito la terra tremare, i muri che si sgretolavano in pieno buio, erano terrorizzati”, spiega Pizzi. ”Abbiamo accolto queste persone, nessuno voleva più dormire. Allora siamo andati nella parte più sicura della struttura e abbiamo distribuito la colazione”, prosegue. E’ stato quindi allestito un ”rifugio improvvisato nel salone del convento, dove di solito si fa catechismo o doposcuola, e dove adesso si trovano circa duecento persone”. Tra i francescani e i volontari dell’associazione ”nessuna vittima e tanto spavento”, spiega Pizzi.
Con il sole più alto in cielo, ”c’è stato un accenno di ritorno alle proprie case, dove alcune famiglie hanno riportato di crepe nei muri tanto profonde da poter vedere cosa succedeva in strada. C’è stata poi una seconda scossa, meno forte e sicuramente più breve” che ha fatto sì che ”le famiglie tornassero di nuovo in convento e abbiamo distribuito loro anche il pranzo”. Ora ”le autorità locali ci hanno chiesto di aumentare le razioni di cibo da distribuire, di fornire altri 500 pasti alla popolazione di Aleppo”, prosegue Pizzi ricordando che l’associazione Pro Terra Sancta ”gestisce con i francescani una mensa per i poveri già da tempo. Qui il problema più grosso, oltre a luce e al riscaldamento, è che nelle case non c’è gas per cucinare”.
Quella che è stata messa in atto è ”un’attività di accoglienza improvvisata e non strutturata, in attesa di verificare sul campo la situazione dei danni e la possibilità di aiutare altre famiglie”. Il convento dei francescani dove opera Pro Terra Sancta si trova in centro ad Aleppo, ma la parte più colpita dal sisma, ritiene Pizzi, è quella orientale ”dove c’è una carenza strutturale importante dopo i bombardamenti subiti nel 2016”. Quello che serve, come primo soccorso, è ”cibo. Ma anche coperte, perché piove e fa davvero molto freddo, non c’è riscaldamento né luce”. Ed è per questo, annuncia Pizzi, che ”a breve lanceremo una raccolta fondi e intanto stiamo raccogliendo i bisogni sul campo”.