(Adnkronos) – Siamo davvero al riparo dal terremoto della finanza che ha sconvolto i mercati globali? Se da un lato la garanzia di banche solide nella regione europea e nella nostra nazione è verosimile, dall’altro occorre meglio considerare gli effetti a catena di un’instabilità improvvisa in un momento già critico con le pressioni di inflazione, recessione, tassi alti delle banche centrali. Come sottolineato da Money.it, le banche italiane non sono a rischio. A parte il crollo in Borsa dei primi giorni, in realtà la situazione appare sotto controllo. Il ministro Giorgetti ha sottolineato che le ripercussioni per il sistema bancario italiano sono sostanzialmente insignificanti. Tono simile da Visco, governatore Bankitalia: “Non rileviamo nelle nostre banche problemi di capitalizzazione e liquidità”.
Secondo un’analisi di Bloomberg Intelligence, per esempio, in Europa le prime 25 banche vantano un’eccedenza di capitale dal valore totale di 55 miliardi di euro. 38 miliardi di euro di questi sono in possesso di istituti importanti, come UniCredit, Intesa Sanpaolo, Ing, Societe Generale, Nordea, Ubs e Credit Agricole.
Se ci sono effetti da valutare con maggiore attenzione per il coinvolgimento del sistema Italia alla crisi bancaria globale sono quelli collaterali. Nella giornata di lunedì 20 marzo, per esempio, nel pieno tumulto Credit Suisse, lo spread Btp-Bund è schizzato di nuovo oltre 200 punti.
Il segnale era di un chiaro nervosismo nei confronti del debito pubblico nazionale, considerato più insicuro di altri (per esempio di quello tedesco) in un momento così volatile. E questo si traduce in una sfiducia nel Paese da parte degli investitori, a maggior ragione che i tassi Bce in rialzo stanno pressando il costo del debito italiano.
Anche l’Eurozona non è del tutto protetta dallo tsunami finanziario. Lagarde ha sottolineato che le turbolenze rischiano di peggiorare una recente contrazione dell’offerta di credito.
I prestiti totali della zona euro da parte delle banche del blocco si sono già contratti di 61 miliardi di euro tra gennaio e febbraio, il più grande calo mensile dal 2013.
Il vento della recessione potrebbe iniziare a soffiare proprio da qui. Lo ha ribadito anche l’esperto di rischi internazionali Ian Bremmer: il sistema globale non crollerà, ma il prezzo di una recessione sarà pagato in Occidente con maggiori probabilità.