Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, in termini di volumetria allacciata ed estensione delle reti. La diffusione del servizio rimane concentrata principalmente nell’Italia settentrionale e centrale: Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata. E’ quanto emerge dalla Relazione Annuale dell’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, con i dati 2020 per elettricità, gas, acqua, rifiuti.
Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente per il funzionamento degli impianti di telecalore, rappresentando il 69,4% del consumo energetico complessivo, in leggera flessione rispetto all’anno precedente. Un contributo significativo è fornito anche dai rifiuti urbani residui (Rur), pari al 15,1% delle fonti energetiche utilizzate, e dalle bioenergie (biomasse, biogas e bioliquidi) che, arrivando a rappresentare il 9,9% del totale, guidano la crescita delle fonti rinnovabili.
Con riferimento alle tecnologie di generazione si conferma una netta prevalenza degli impianti di cogenerazione di elettricità e calore, che hanno prodotto il 67,6% dell’energia termica immessa nelle reti.
Il numero delle imprese operanti nel settore del telecalore iscritte alle Anagrafiche dell’Autorità è pari a 259. Di queste, l’84% si occupa, di norma in forma integrata, di attività strettamente legate all’esercizio delle reti e alla fornitura dall’energia termica alle utenze (distribuzione o misura o vendita) mentre la quota rimanente si occupa solo di produzione di energia termica.
L’energia distribuita dalle reti di telecalore è utilizzata principalmente per la climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) e la produzione di acqua calda a uso igienico-sanitario, mentre è marginale l’utilizzo in processi industriali. Una quota significativa del mercato è infatti costituita da utenze di tipo residenziale e terziario (rispettivamente il 64% e il 33,8% del totale), mentre la domanda del settore industriale rimane marginale (2,8%).
Per quanto riguarda il prezzo applicato, dall’analisi effettuata è risultato compreso tra circa 68 e 106 €/MWh, con un valore medio pari a 89 €/MWh per gli utenti residenziali; per gli utenti del terziario, tra circa 66 e 105 €/MWh, con un valore medio pari a 85 €/MWh, mentre per gli utenti industriali, tra circa 62 e 105 €/MWh, con un valore medio pari a 80 €/MWh