(Adnkronos) – “Gli atleti sono a rischio malattie infettive per due tipi di fattori: interni ed esterni. Tra i fattori interni ci sono i cambiamenti ormonali legati alle fasi dell’allenamento che potrebbero ridurre la competenza del nostro sistema immunitario e, quindi, favorire infezioni. Un esempio è la mononucleosi del nuotatore. Quelli esterni sono i fattori legati ai viaggi”. Lo ha detto Silvio Tafuri, ordinario di Igiene generale e applicata dell’università degli studi di Bari ‘Aldo Moro’, a margine del suo intervento al Congresso organizzato a Roma dalla Federazione medico sportiva italiana (Fmsi).
“La settimana prossima – ha proseguito Tafuri – iniziano le Universiadi in Cina ma abbiamo avuto anche i Mondiali in Qatar, luoghi dove ci sono endemiche malattie infettive che non abbiamo in Europa e in Italia. Infine, esistono anche fattori legati ai luoghi frequentati dagli sportivi, basta pensare agli spogliatoi che sono un ambiente in cui ci sono più persone e dove non c’è un grande ricambio d’aria. Al loro interno si può favorire la circolazione di patogeni a trasmissione respiratoria”.
“La vaccinazione è uno strumento che consente di evitare l’imponderabilità della malattia infettiva che può fermare anche nel momento più importante della carriera di un atleta. Nel 2016, alcuni atleti della nazionale italiana di pallanuoto non hanno partecipato alla Final Eight in Bulgaria per il morbillo che hanno contratto una settimana prima della finale. Bene, quindi, la vaccinazione perché questa si può programmare, mentre la malattia infettiva arriva nel momento inaspettato. Per legge – ha continuato l’esperto – è obbligatoria la vaccinazione antitetanica. E’ compito delle associazioni e delle società sportive verificare che i propri tesserati l’abbiano. Tuttavia, le vaccinazioni previste nel calendario nazionale sono tutte raccomandate, come quella antinfluenzale annuale che è importante per gli sportivi”.
“Il ruolo della Fmsi è fondamentale perché è importante che tutti gli attori nell’ambito della sanità, le società scientifiche tutte e i professionisti sanitari, parlino lo stesso linguaggio che poi è quello dell’evidenza scientifica. Se tutti raccomandano le vaccinazioni con la stessa enfasi, e con buone competenze, la popolazione non sarà più esitante e aderirà all’invito a vaccinarsi”, ha concluso il docente.