SUPERANDO LE ATTESE L’ECONOMIA ACCELERA, E LA BCE PREVEDE UN TASSO D’INFLAZIONE SUL 2%

Stamane è stato presentato l’ultimo Bollettino economico della Bce, nel quale viene evidenziato che “L’economia ha continuato a espandersi a un ritmo sostenuto, con un accelerazione superiore alle attese nella seconda metà del 2017”. E’ un insieme di fattori hanno alimentato la fiducia del Consiglio direttivo, secondo cui “l’andamento dei prezzi convergerà verso l’obiettivo di un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2 per cento. I rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro sono sostanzialmente bilanciati – spiega il documento – Da un lato, il forte slancio congiunturale potrebbe dar luogo a ulteriori sviluppi positivi per la crescita nel trimestre a venire. Dall’altro, i rischi al ribasso rimangono principalmente riconducibili a fattori di carattere globale e agli andamenti dei mercati valutari”, Tra le prorità da intreprendere, la Bce indica inoltre che “è necessario continuare a fornire un grado elevato di accomodamento monetario per assicurare un ritorno durevole dei tassi di inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento. Mentre si rafforza la convinzione da parte del Consiglio direttivo che l’inflazione evolverà verso il proprio obiettivo – osserva l’Eurotower – le spinte sui prezzi interni sono rimaste nel complesso contenute e devono ancora mostrare segnali convincenti di una tendenza al rialzo duratura. Pertanto, è tuttora necessario un ampio grado di stimolo monetario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi e sostengano la dinamica dell’inflazione complessiva nel medio periodo. Nel mese di dicembre – indica ancora la Bce – l’inflazione sui dodici mesi dell’area dell’euro misurata sullo Iapc era pari all’1,4 per cento, in calo rispetto all’1,5 per cento nel mese di novembre, soprattutto di riflesso all’andamento della componente dell’energia”. Ma non è tutto. “La crisi dei rifugiati – aggiunge ancora la Bce – ha portato a un notevole aumento dei flussi di immigrazione verso la Germania, l’Italia e l’Austria, ma l’impatto sulla forza lavoro finora è rimasto limitato. Le condizioni del mercato del lavoro in Europa sono meno favorevoli per gli immigrati di quanto non lo siano per i cittadini europei. L’immigrazione in Europa è spesso associata alla dequalificazione, ovvero gli immigrati trovano impieghi per i quali è necessario un livello di istruzione più basso rispetto a quello in loro possesso. Ciò è di solito ascrivibile alla loro mancanza di qualifiche ed esperienze specifiche per il paese ospite, oltre che al tempo necessario per il riconoscimento dei loro titoli di studio”. Quindi, spiega ancora il Bollettino, nel corso degli anni “la differenza nella distribuzione delle qualifiche fra cittadini e immigrati diminuisce, ma di solito permangono dei divari. Le condizioni del mercato del lavoro meno favorevoli per gli immigrati si riflettono in diversi altri indicatori: ad esempio, la quota di lavoro temporaneo è più elevata, il reddito e il tenore di vita sono inferiori e i risultati ottenuti dai loro figli nell’ambito delle indagini Pisa su conoscenze e abilità sono peggiori”. Entrando poi nel merito dell’integrazione nell’ambito del mercato del lavoro, “si è riscontrato che, in Europa, le differenze fra cittadini e immigrati vengono trasmesse alle generazioni successive, o in alcuni casi persino amplificate, mentre ciò non accade negli Stati Uniti. Ciò suggerisce che vi sono margini di miglioramento nell’integrazione nel mercato del lavoro degli immigrati nei paesi europei”. Non ultima poi, la riforma delle pensioni attuata dall’Italia, così come anche da altri paesi (Spagna, Germania e Francia), ” ha innalzato l’età pensionabile stabilita per legge o hanno reso difficile il prepensionamento, con una conseguente spinta al rialzo sui tassi di partecipazione della popolazione in età avanzata al mercato del lavoro”. Infine la Bce ha tenuto a sottolineare l’apprezzamento dell’euro sul dollaro, che “rappresenta una fonte di incertezza da tenere sotto osservazione per le sue possibili implicazioni sulle prospettive a medio termine della stabilità dei prezzi”.
M.